Gran pasticcio nel rapporto sui decessi. Per l'Iss gran parte dei morti non li ha causati il Covid.
Il titolo non è nostro ma è quello apparso stamani sulle pagine del Tempo in un articolo del giornalista nonchè direttore Franco Bechis. Pur essendo convinti assertori dell'utilità della vaccinazione, ci sembra utile riportare per intero l'articolo affinchè ognuno ne tragga le proprie conclusiooni.
"Secondo il nuovo rapporto (che non veniva aggiornato da luglio) dell'Istituto superiore di Sanità sulla mortalità per Covid, il virus che ha messo in ginocchio il mondo avrebbe ucciso assai meno di una comune influenza. Sembra un'affermazione strampalata e da no vax, ma secondo il campione statistico di cartelle cliniche raccolte dall'istituto solo il 2,9% dei decessi registrati dalla fine del mese di febbraio 2020 sarebbe dovuto al Covid 19. Quindi dei 130.468 decessi registrati dalle statistiche ufficiali al momento della preparazione del nuovo rapporto solo 3.783 sarebbero dovuti alla potenza del virus in sé. Perché tutti gli altri italiani che hanno perso la vita avevano da una a cinque malattie che secondo l'Iss dunque lasciavano già loro poca speranza. Addirittura il 67,7% ne avrebbe avuto insieme più di tre malattie contemporanee, e il 18% almeno due insieme. Ora personalmente conosco tanta gente, ma nessuno che abbia la sfortuna di avere cinque malattie gravi nello stesso tempo. Vorrei fidarmi dei nostri scienziati, poi vado a leggere i malanni elencati che sarebbero ragione non secondaria della perdita di tanti italiani e qualche dubbio da profano comincio a nutrire. Secondo l'Iss il 65,8% degli italiani che non ci sono più dopo essere stati infettati dal Covid era malato di ipertensione arteriosa, e cioè aveva la pressione alta. Il 23,5% era anche demente, il 29,3% aggiungeva ai malanni un po' di diabete, il 24,8% pure fibrillazione atriale. E non basta: il 17,4% aveva già i polmoni ammalati, il 16,3% aveva avuto un cancro negli ultimi 5 anni; il 15,7% soffriva di scompenso cardiaco, il 28% aveva una cardiopatia ischemica, il 24,8% soffriva di fibrillazione atriale, più di uno ogni dieci era anche obeso, più di uno su dieci aveva avuto un ictus, e altri ancora sia pure in percentuale più ridotta aveva problemi gravi al fegato, dialisi e malattie auto-immuni."
Gli Italiani e lo Sport
Secondo un approfondimento preliminare, il 40% circa degli italiani pratica attività sportiva a vario titolo. Questo significa, da una parte, che i livelli di attività in Italia si attestano ancora oggi ad un livello insufficiente e, dall’altra, che solo parte degli italiani attivi pratica nell’ambito dell’Ordinamento sportivo formalmente riconosciuto – e costituito dalle federazioni sportive nazionali, dalle discipline sportive associate, dagli enti di promozione sportiva, dalle associazioni benemerite e dai gruppi sportivi militari e civili dello Stato. Prima del Covid, infatti, il 53% di chi faceva attività fisica, lo faceva in un contesto organizzato. Corsa, palestra e ginnastica le attività più diffuse prima della pandemia. Le nuove generazioni andavano di più in palestra, i senior prediligevano l’aria aperta. A febbraio 2021, il 42% dichiara di praticare sport in casa (-9 rispetto a luglio 2020), mentre l’85% (+6) dichiara di svolgere attività all’aperto. Dopo il primo lockdown del 2020, l'attività fisica torna ad uscire fuori dalle mura domestiche. Scende la percentuale dei sedentari ( 25% dei casi) ossia coloro che non si muovono mai. Si attesta al 35% coloro che sono considerati "attivi" ovvero chi pratica più volte a settimana uno sport. I cosidetti "saltuari" ossia chi pratica al massimo una volta la settimana rappresentano il 40% dei casi. Nella ricerca condotta da ASI e SWG, i dati sulla sedentarietà sono stati confrontati con quelli prodotti da Sport e Salute e SWG nell’ambito dell’indagine "Emergenza sanitaria Covid-19 e sport: gli impatti sugli stili di vita dei cittadini", risalente a luglio 2020. Dalla comparazione si è evidenziata un’impennata della sedentarietà, soprattutto nell’ultimo trimestre del 2020. Tuttavia è anche visibile un trend in miglioramento con l’inizio del nuovo anno: i sedentari infatti sono passati dal 22% di luglio 2020, al 34% di dicembre, fino a ridursi nuovamente a febbraio 2021 quando si sono attestati al 25%. Insomma dai dati della ricerca se da un lato la maggior parte degli italiani non vuole rimanere ferma , vi sono di contro una larga parte che ancora non prativca o lo fa ssaltuariamente nessuna pratica sportiva.
Cosa prevede il Pnrr per potenziare lo sport a scuola.
Nei prossimi anni molti dei settori strategici per il nostro paese – a partire dal comparto dell’istruzione – saranno toccati da riforme e investimenti, nell’ambito del piano nazionale di ripresa e resilienza.Per il settore dell’educazione si tratta di una occasione importante. Come abbiamo avuto modo di raccontare, nonostante negli ultimi anni si sia rilevato un parziale ritorno alla crescita della spesa in istruzione, l’Italia resta uno dei paesi Ue con i livelli più bassi. Sia rispetto alla spesa pubblica complessiva che in rapporto al pil. Il Pnnr è dunque un'occasione unica per potenziare le infrastrutture scolastiche. n questo quadro, le risorse stanziate attraverso il Next generation Eu devono servire a compensare carenze e ritardi accumulati nella condizione dell'edilizia scolastica e nell'offerta di servizi educativi.Tra questi merita un'attenzione particolare la possibilità di fare sport a scuola. La presenza di impianti sportivi annessi ai plessi scolastici è infatti cruciale per valorizzare l'educazione fisica e motoria nel percorso educativo. Specialmente per un paese in cui - secondo le stime dell'istituto nazionale di statistica - la pratica sportiva tra i minori è spesso minacciata anche dalle difficoltà economiche della famiglia e dalla mancanza di impianti sul territorio.Il piano nazionale di ripresa e resilienza si pone come obiettivo il potenziamento dello sport a scuola. Con la costruzione di nuove palestre, la ristrutturazione di quelle esistenti e l'acquisto di attrezzature adeguate. Ciò servirà sia ad ampliare l'offerta didattica complessiva (ad esempio con la possibilità di prevedere ulteriori attività pomeridiane), sia ad aumentare la diffusione di queste strutture sul territorio. È, quindi, necessario (...) incrementare gradualmente l’offerta di attività sportive (...) Ciò favorisce anche la possibilità di ampliare il tempo pieno, anche attraverso politiche legate al contrasto della dispersione scolastica principalmente nelle aree più svantaggiate del Paese. Infatti, non si tratta solo di allungare il tempo scuola, ma di ripensare l’intera offerta formativa di una scuola aperta al territorio.Sono infatti, ad oggi, soprattutto le aree del paese meno sviluppate o in transizione (cioè quelle del mezzogiorno, in base alla classificazione utilizzata per la ripartizione dei fondi europei) a vedere una minore presenza di palestre nelle scuole. A questo scopo, viene stimato un costo di circa 2.000 euro al metro quadro per costruire una nuova palestra e di circa 600 €/mq per la messa in sicurezza delle strutture già esistenti. Assumendo 576 metri quadri come dimensione media, significa la necessità di 1,15 milioni di euro per costruire ogni nuova palestra e 345mila euro per gli interventi di ristrutturazione. Oltre a 50mila euro aggiuntivi per l'acquisto di nuove attrezzature per fare sport.
fonte OPENPOLIS
Mercato immobiliare in crescita.
Nel IV trimestre 2020 sono 245.240 le convenzioni notarili di compravendita e le altre convenzioni relative a immobili. Le compravendite aumentano del 3,2% rispetto al trimestre precedente e del 4,9% su base annua. In concomitanza delle misure adottate per il contenimento del Covid-19, nei primi sei mesi del 2020 si registra un forte calo delle compravendite. Segue una ripresa nei mesi estivi, a seguito del graduale allentamento di tali misure. Seppure con intensità diverse, la ripresa, sia congiunturale che su base annua, prosegue nell’ultimo trimestre. Lo rende noto l’Istat.
Il 94,2% delle convenzioni stipulate riguarda trasferimenti di proprietà di immobili a uso abitativo (231.100), il 5,4% quelle a uso economico (13.276) e lo 0,4% le convenzioni a uso speciale e multiproprietà (864).
La crescita registrata sul trimestre precedente interessa tutto il territorio sia per l’abitativo (Centro +5,5%, Isole +4,7%, Nord-est +3,7%, Nord-ovest +1,9%, Sud +0,9%, totale Italia +3,1%) sia per l’economico (Isole +24,9%, Centro +13,7%, Nord-ovest +4,1%, Sud +1,0%, Nord-est +0,3%, totale Italia +5,9%).
Rispetto al IV trimestre 2019 le transazioni immobiliari crescono del 5,2% nel comparto abitativo e dell’1,4% nell’economico.
L’incremento tendenziale osservato per l’abitativo interessa l’intero Paese: Centro (+7,2%), Nord-est (+6,1%), Nord-ovest (+4,6%), Isole (+3,7%), Sud (+3,2%), i piccoli centri (+6,3%) e le città metropolitane (+3,7%). Il settore economico risulta in crescita nelle Isole (+20,3%), al Centro (+11,5) e in generale nei piccoli centri dell’intero territorio nazionale (+4,1%) mentre subisce una flessione nel Nord-ovest (-4,5%), al Sud (-2,9%), nel Nord-est (-0,2%) e nelle città metropolitane (-2,5%).
(ITALPRESS).
Sicilia. Siglato accordo tra Forza Italia e Italia Viva.
(ANSA) - PALERMO, 18 OTT - Italia viva e Forza Italia accelerano in Sicilia. Prove d'intesa perfezionate dalla cena, avvenuta qualche giorno fa a Firenze, tra Matteo Renzi e Gianfranco Miccichè: i due leader hanno tracciato un percorso di collaborazione che potrebbe sfociare in "un'alleanza" strutturata per le comunali di Palermo della prossima primavera e a seguire le regionali d'autunno.
"Sì, il percorso è stato delineato ma ancora c'è da lavorare", spiegano fonti autorevoli dei due partiti. Bisognerà dialogare sui rispettivi campi per dare sostanza all'intesa di massima tra i due leader, il cui rapporto di reciproca stima va avanti ormai da tempo. Il compito più arduo spetta senza dubbio a Miccichè, che dovrà convincere della bontà del progetto i più riottosi tra gli azzurri, quelli che guardano allo schema classico di centrodestra piuttosto che a quei dirigenti che fanno parte dell'area più in sintonia a dialogare col governatore Nello Musumeci. Le "cartucce" al leader di Fi in Sicilia, comunque non mancano. Perché l'intesa a due, in realtà, potrebbe avere un respiro molto più ampio.
Nell'Isola, Italia Viva ha già un asse con la Dc, il partito che Totò Cuffaro ha riportato dentro alcuni Municipi siciliani alle recenti comunali, eleggendo consiglieri e ottenendo risultati lusinghieri là dove ha presentato le liste con lo scudocrociato.
Di questo schieramento moderato fanno parte anche +Europa e il Cantiere popolare dell'ex ministro Saverio Romano. Nei piani di Renzi ci sarebbe anche il coinvolgimento di Azione di Carlo Calenda che, se a livello nazionale non avrebbe remore, in Sicilia invece potrebbe avere più difficoltà a stringere una intesa per la presenza, seppur dietro le quinte, di Cuffaro. Un primo banco di prova potrebbe arrivare dall'Assemblea siciliana, dove tra i deputati di Forza Italia e Iv il dialogo è in corso da tempo e a breve la collaborazione potrebbe essere strutturata in modo differente, magari attraverso un inter-gruppo. (ANSA).
Under 19.Con 14 reti la Lubrisol archivia la prima giornata davanti al proprio pubblico.
Quattro mesi dopo la Final Four del Pala Nino Pizza, che ha assistito al trionfo a tinte tricolori della Sicurlube Regalbuto, il campionato Under 19 riparte di slancio nella terza domenica di ottobre. I campioni d’Italia in carica iniziano la stagione 2021-2022 con 14 gol e la porta inviolata contro la Meriense. La cronaca della gara è scarna di notizie se non il fatto che i ragazzi hanno continuato a giocare e segnare dando il meglio di se stessi. Ottimo inizio dunque ..chi ben inizia ....
Riflessioni di sport...
Riflessioni di sport. Nel corso di questi ultimi giorni due notizie mi hanno particolarmente addolorato. Ad Agira e Centuripe due intere squadre che avevano partecipato nel 2019 al campionato Under 16/ F di pallavolo sono di fatto sparite. Le ragazze (o le famiglie ) in pratica per timore del contagio Covid hanno scelto di non praticare lo sport per il quale sin da piccole avevano praticato. Ma il settore femminile nel territorio di Enna si è indebolito ovunque se si eccettua due o tre realtà che ancora resistono. In crisi le scuole di pallavolo dunque in quella fascia di età piuttosto delicata che è l'adolescenza. Il timore del Covid pur in presenza del Green pass , necessario oggi per poter accedere in palestra , hanno interrotto un gruppo piuttosto numerosi di adolescenti che in quella categoria avevano ottenuto lusinghieri risultati. Agira tra le formazioni migliori del campionato Under 16, Centuripe con la crescita esponenziale di un gruppo che a poco a poco si stava formando. A Regalbuto qualcosa resiste grazie alla caparbietà di 12 ragazze le quali nella pienezza di una crescita sportiva maturata nelle categorie Under 13 e Under 14 , si sono dovute fermare per gli stessi motivi al pari delle loro coetanee di Agira e Centuripe. Per non parlare poi del fatto che gli effetti del Covid hanno " consigliato" ( usiamo il termine nella circolare del MIUR) di non concedere le palestre scolastiche in alcune realtà . In crisi il settore femminile a Nicosia e Leonforte e Piazza Armerina tre piazze dove il volley li aveva portato a competere nelle categorie più alte dei campionati e che adesso stentano a far crescere un settore , quello giovanile, perchè la paura li ha accumunati a dover rinunciare al sacrificio degli allenamenti, delle partite infrasettimanali, dei viaggi verso le mete in trasferta del campionato, delle gioie di un abbraccio per un punto conquistato. Per comprendere il fenomeno , il fenomeno sociale, ci vuole poco a capire che il ritiro delle attività sportive delle ragazze produce un impoverimento sociale del territorio che come effetto produce il ritardo nella crescita dell'intera comunità. Oggi le sole iscrizioni ufficiali ai campionati Under 16 femminili indetti dalla Fipav sono quelle di Enna e Nicosia. Nel 2019 vi erano ben 7 formazioni femminili Under. Peggio rispetto a questi dati vi sono quelli ufficiali in campo maschile . Ma questa è un altra storia che riguarda l'intero territorio siciliano e nazionale.
La Sicilia ferma un maxi parco solare per i ciottoli del paleolitico inferiore .Il no della Sovrintendenza di Enna blocca il progetto Ib Vogt Italia da 228 milioni .La contrapposizione tra due ambientalismi: conservare il clima o l’identità dei luoghi. Jacopo Giliberto
Centuripe, antichissima e nobile città della Sicilia centrale in provincia di Enna al confine con il Catanese. Il no della Sovrintendenza per i beni culturali di Enna ha bloccato il progetto di una centrale fotovoltaica da 228,7 milioni Iva compresa, 384,1 megawatt di potenza solare, proposta da una società tedesca tramite la filiale bolzanina Ib Vogt Italia. Il motivo del no: nelle vicinanze «sono stati rinvenuti in superficie diversi ciottoli attribuibili alle facies clactoniane del Paleolitico Inferiore (circa 300mila anni da oggi)». Quattro pagine piene «aree con estesi frammenti ceramici» non lontano, «ricco macro-contesto archeologico» nelle vicinanze.
È ovvio: i ciottoli delle facies clactoniane e le altre opposizioni vagamente archeologiche coprono un motivo assai più consistente per opporsi al progetto, ma è un motivo che non ha alcun valore tecnico per una contestazione nel merito. Il motivo vero dell’opposizione alla centrale solare è che la valle del fiume Dittaino verrebbe laccata per 40 anni con una crosta nera e lucida di 711.360 moduli fotovoltaici di silicio, circa 496 ettari di pannelli solari. Insomma, sarebbe una trasformazione fortissima per il paesaggio della Sicilia centrale e per l’identità delle sue comunità.
Si ripresenta ancora una volta il contrasto fra i due ambientalismi, entrambi di pari dignità. Uno vuole conservare il clima, e promuove la transizione energetica verso la produzione senza emissioni di anidride carbonica, e l’altro ambientalismo vuole conservare il paesaggio e l’integrità dei luoghi, cioè l’identità e la percezione delle persone. In genere le due anime convivono, ma a volte si contrappongono con una contraddizione insormontabile.
Il piano energia e clima
Per raggiungere gli obiettivi ambientali e di tutela del clima, nel gennaio 2020 l’Italia si era data il Pniec, il piano integrato energia e clima, che prevede di costruire entro il 2030 impianti da fonti rinnovabili per circa 70mila megawatt, 7-8mila megawatt l’anno. Il sole è il nostro petrolio.
Nel frattempo gli obiettivi climatici europei sono diventati più ambiziosi e il piano va rivisto. Vi si dovrà aggiungere un burden sharing, cioè vanno suddivisi fra le regioni gli investimenti rinnovabili e le opportunità di crescita nell’energia pulita.
Ma nei fatti, ha protestato Agostino Re Rebaudengo presidente dell’associazione confindustriale Elettricità Futura, in Italia non si riesce a costruire nemmeno un decimo di quanto annunciato dal Pniec: non si piantano pannelli solari né ventole eoliche per più di 7-800 megawatt l’anno.
Secondo l’osservatorio dell’Anie Rinnovabili (associazione della federazione confindustriale Anie), sulla base dei dati Gaudì di Terna nel primo semestre di quest’anno sono stati costruiti impianti rinnovabili per 452 megawatt (+34% rispetto allo stesso periodo del 2020), di cui 362 megawatt fotovoltaici (+40%), 74 eolici e 16 megawatt idroelettrici. Nella sola primavera le nuove installazioni sono 272 megawatt.
«Quello delle autorizzazioni è e rimane la principale causa del mancato sviluppo delle fonti rinnovabili», dice l’Anie Rinnovabili.
Il progetto di Centuripe
Nel dicembre scorso la società tedesca aveva presentato alla Regione Sicilia ettometri di documenti (130 titoli protocollati) per l’autorizzazione al progetto colossale che da solo, con i 384 megawatt di potenza, è pari a tutte le centrali solari istallate in Italia dal 1° gennaio a 30 giugno.
La centrale divisa in diversi lotti si distribuirebbe su una ventina di chilometri quadrati lungo la valle del fiume Dittaino e non è l’unico progetto: la società tedesca ha presentato progetti di ingombro simile in altre zone della Sicilia centrale.
Nota non marginale. Ieri a Gubbio i 150 soci consumatori elettrici della cooperativa «è nostra» hanno inaugurato la loro centrale eolica, un’elica da 900 chilowatt, il più grande impianto collettivo d’Italia.
16 Ottobre 1793. La morte di Maria Antonietta di Francia
Il 16 ottobre 1793 è una giornata grigia a Parigi. Verso le 11 di mattina Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena, vedova Capeto, viene condotta in piazza della Rivoluzione per essere ghigliottinata. Con la morte dell’ex regina di Francia cala definitivamente il sipario sull’Ancien Régime.Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena, la penultima dei sedici figli dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria, varca per la prima volta il cancello della reggia di Versailles il 21 aprile 1770. Dopo il matrimonio del 16 maggio con Luigi XVI Maria Antonietta si scontra immediatamente con la rigida etichetta di corte francese, assai diversa da quella viennese.
Durante la rivoluzione francese, Maria Antonietta si mostra ostile verso ogni compromesso con le idee liberali e con i rivoluzionari, che disprezza notevolmente. Diventa, per questo motivo, un’accesa sostenitrice del diritto divino dei re. Tenta da quel momento di salvare la monarchia assoluta attraverso i continui contatti con gli aristocratici emigrati e stringendo amicizia con alcuni moderati come Mirabeau e Barnave.
Si sente insomma investita da una sorta di missione:
“Quanto alle nostre persone, la felicità è finita per sempre, qualunque cosa accada. So che è dovere di un re soffrire per gli altri, e noi ben lo adempiamo. Possano un giorno riconoscerlo!”
In seguito al fallito tentativo di fuga del giugno 1791, l’ostilità popolare nei confronti della regina aumenta ancora di più. L’intera famiglia reale viene messa in stato di arresto e successivamente la monarchia viene dichiarata decaduta in Francia.
Dopo la morte del marito, il 21 gennaio 1793, Maria Antonietta, divenuta per tutti la “vedova Capeto“, vive per alcuni mesi in isolamento al Tempio, assieme alla figlia Maria Teresa, alla cognata Elisabetta e al delfino. Quest’ultimo viene separato dalla madre il 3 luglio e affidato a Antoine Simon, un ciabattino analfabeta.
Il 3 agosto l’ex regina viene trasferita nella prigione della Conciergerie, dove trascorre tra sofferenze fisiche e materiali le ultime settimane di vita. Quando il 14 ottobre appare in Tribunale per il processo la 38enne Maria Antonietta è quasi irriconoscibile: i capelli sono bianchi, il viso scavato e il fisico esile. Dopo aver sentito la sentenza del Tribunale che la condanna alla pena di morte, la vedova Capeto torna in prigione dove ha il tempo di scrivere un’ultima lettera per la cognata Elisabetta:
“È a voi cara sorella che scrivo per l’ultima volta, sono stata condannata a una morte terribile destinata solo ai criminali, andrò a raggiungere vostro fratello, come lui innocente. La cosa che mi rattrista è quella di lasciare i miei figli, sapevate che vivevo solo per loro, che mio figlio non dimentichi le ultime parole di suo padre e che non cerchi di vendicare la nostra morte. Avevo degli amici; il solo pensiero di separarmi da loro mi spezza il cuore conserverò il vostro ricordo fino all’ultimo. Vi abbraccio con tutto il cuore così come abbraccio i miei cari adorati figli; mio Dio quanto è straziante doverli lasciare per sempre. Addio.”
La mattina del 16 ottobre 1793 Maria Antonietta, alla quale viene vietato di vestirsi di nero, indossa un abito bianco: in passato è stato il colore del lutto per le regine di Francia. Dopo il taglio dei capelli l’ex-regina viene portata fuori dalla prigione e fatta salire sulla carretta dei condannati a morte.
In realtà ha sperato fino all’ultimo di poter godere dello stesso trattamento del marito, ovvero quello di essere condotta sul patibolo in una carrozza coperta, ma purtroppo non è così e lungo il tragitto la folla si accanisce su di lei ricoprendola di insulti di ogni tipo. Una volta giunta nella piazza Maria Antonietta sale rapidamente i gradini del patibolo e involontariamente pesta un piede del boia, al quale dice: “Pardon, Monsieur. Non l’ho fatto apposta”.
Verso le 11 la lama cade sul suo collo. Il boia prende la testa sanguinante e la mostra al popolo parigino che urla: “Viva la Repubblica!”.
Qualche tempo dopo Napoleone Bonaparte metterà per iscritto una propria riflessione sulla morte di Maria Antonietta:
“Una donna che non aveva se non gli onori senza il potere; una principessa straniera, il più sacro degli ostaggi; trascinarla dal trono al patibolo, attraverso ogni sorta d’oltraggi… Vi è in ciò qualcosa di peggio del regicidio.”
Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, su proposta del ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, e del ministro della Salute, Roberto Speranza, ha adottato con Dpcm le linee guida relative all'obbligo del green pass da parte del personale delle pubbliche amministrazioni, a partire dal prossimo 15 ottobre. Assenza ingiustificata ma non il licenziamento. Il Dpcm firmato da Draghi prevede che "i soggetti sprovvisti di certificazione verde dovranno essere allontanati dal posto di lavoro. Ciascun giorno di mancato servizio, fino alla esibizione della certificazione verde, è considerato assenza ingiustificata, includendo nel periodo di assenza anche le eventuali giornate festive o non lavorative. In nessun caso l'assenza della certificazione verde comporta il licenziamento".