Giovani, andate via, qui chiudono persino le aziende che fanno succo d’arancia!
Come non dare ragione, tristemente, amaramente ragione, a Pietrangelo Buttafuoco quando ci dice «In Sicilia chiudono le aziende che fanno i succhi di arancia. E’ una follia, come se in Francia chiudessero le aziende che producono champagne».
Si, è proprio così, ma il degrado non è solo questo, questa è l’isola nella quale le migliori spiagge, la splendida baia che un tempo accolse i megaresi, da Siracusa ad Augusta, lì dove Sant’Elena sbarcò la Sacra Croce, o la lunga e placida serie di dune, “i maccuna” si chiamavano, che dal ragusano, da Caucana, giungevano sin sotto Butera, ed ancora la costa imerese, luoghi di incanto naturale e di mitiche presenze, sono state sacrificate al Dio della speculazione.
Chilometri di venefici capannoni industriali, non di rado abbandonati o pronti all’abbandono, chilometri di serre che, nate per produrre frutti di un’agricoltura un tempo sapiente, si sono trasformate nelle schiavistiche ed altrettanto venefiche prigioni di contadini costretti a vivere dei brevetti israeliani (il famoso ciliegino ad esempio).
Sicilia capace di cancellare in cinquanta luridi anni la splendida conca d’Oro, le meravigliose città d’arte di Enna, Siracusa, e Trapani.
Sicilia capace di fagocitare, in un enorme villaggio di periferia abusiva, interi paesaggi anche accanto gli splendori di Akragas, Selinunte ed Eraclea.
Questa Sicilia, buttanissima come gente, deflorata vergine come Terra, non va abbandonata, caro Pietrangelo, va difesa, con le unghie e con i denti, va infine salvata, dai suoi protettori, da quelle trattative che, si è vero, all’ombra di una specialità statutaria mai sino in fondo percorsa, hanno consentito di stabilire sin dove la mafia potesse spingersi e dove, un pallido Stato potesse ergersi a difesa di quel che resta di un sistema legittimo.
Certo, mi confondo, a pensare quella Palermo felix fatta fuori in una sola notte, demolita dal disinvolto sistema dei Lima e dei Ciancimino ma anche delle migliaia di palermitani, buttani si questi, pronti a vendersi pure il cuore pur di giungere ad un profitto immediato.
E mi confondo quando vedo e seguo le concitate fasi di un teatrino politico che annaspa attorno… al nulla. Milioni di Euro comunitari fermi perché non spendibili, perché non ancora attribuiti a questo o quel codazzo di galoppini, oppure da spendersi nella certezza dell’inutilità più totale. Bandi per decine e decine di portali per il rilancio turistico di… non si sa cosa. Negli ultimi tre anni abbiamo destinato milioni di Euro ad una infinita serie di progetti copia ed incolla per portali, metaportali, siti, network e similari ove, se son rimasti online, leggerete dei parchi, delle riserve, della Natura, dei monumenti ma non un centesimo è andato a quegli stessi patrimoni che continuiamo a dire di voler vendere ed oggi rischiamo la chiusura di aree archeologiche, musei, castelli, parchi e riserve.
Finiamola quindi, commissariamento? E chi dovrebbe commissariarci, quel Governo Nazionale che, ad esempio, ha appena deciso che a Venezia possono entrare le grandi navi crocieristiche?
Quel manipolo “renzusconiano” che di proclama in proclama sta demolendo ogni luogo della democrazia degli eletti? Quello che chiama chi si oppone a scelte assassine, destrutturanti, anacronistiche “quattro comitatini”?
Certo, gli eletti di oggi non di rado provocano forti sommovimenti intestinali, ma questo sta a chi e a come li ha eletti. Eliminare il Senato, anzi trasformarlo nel club dei quattro immunizzabili non mi pare salvi il mondo. Quindi proprio non credo al commissariamento. Se poi lo stesso deve servire a gettar giù dal seggiolone Crocetta per dare ad altri (leggasi Orlando) la chance di tentare nuovamente l’assalto a Palazzo dei Normanni…
Condivido, quindi, il Buttafuoco quando dice: «… prendere coscienza di come stanno le cose. Amo moltissimo questa terra ma alla fine ha preso il sopravvento la rabbia. Così è nata la necessità di raccontare perché sia attuabile una presa di coscienza, cruda e aderente alla realtà delle cose».
Ma al trauma da Lui proposto: abolizione dell’Autonomia e Commissariamento, preferisco ben altro trauma, ben altri “saguazzuna”. Qui va fatta la Sicilia, di nuovo, senza più Garibaldi e magari con un esercito di Franceschielli dall’affascinante strascico dialettale, ma va fatta e per farla va affrontata la sempiterna acquisizione di ruoli, altane, trincee.
Ogni posizione assunta per comodo, per partito preso o peggio per interesse va messa in discussione e non contro l’autonomia ma contro chi di questa autonomia ha fatto il grimaldello per aprire i forzieri di casa e venderseli al migliore offerente.
Voglio ed immagino una Sicilia morigerata se non più illibata, gelosa delle cose sue e non della cosa nostra (che poi è loro), capace di camminare, magari di stracci vestita, ma a testa alta tra le altre regioni di un’Europa di popoli e non di banche, tra ideali di solidarietà e non di mercato, senza più esser frontiera da raggiungersi a costo della vita ma divenuta modello di una rinascita mediterranea che nel mare non vede limite ma connettività, non vede vallo ma strada, non vede tempesta ma fari e porti.
Sarò ancora un sognatore ma è di questa Sicilia che mi innamorai scegliendo di restare ed è a questa Sicilia che intendo continuare a fare la corte, l’altra, quella da strada, quella buttanissima, la vorrei lasciare ad altri, ed in fondo so che anche per Buttafuoco è così.
tratto da Vivienna.it http://www.vivienna.it/2014/08/09/lultimo-grido-di-buttafuoco-alla-buttanissima-sicilia/