Scuola. Il Consiglio d'Istituto del Comprensivo G.F. Ingrassia approva a maggioranza la settimana corta.

Dicembre 16, 2016 2320

Giovedì scorso il consiglio d'Istituto del Comprensivo Gian Filippo Ingrassia di Regalbuto ha approvato a maggioranza l'avvio della settimana corta per gli alunni a partire dal prossimo anno scolastico 2017/2018. In cosa consiste la settimana corta ? In pratica gli alunni effettueranno lezioni dal lunedì al venerdi per sei ore giornalieri dalle ore 08.00 alle 14.00. In Italia da tempo si discute sulla questione settimana corta si settimana corta no , la quale pare abbia creato un vero e proprio conflitto tra i favorevoli e i contrari ,che ha investito , in alcuni casi , persino i tribunali. Ma siamo sicuri che la settimana corta serva veramente ai nostri ragazzi ? Non dimentichiamo che negli Istituti Comprensivi e dunque anche nel nostro , la settimana corta ,comporta il punto di vista di ben tre  differenti ordini di scuola, infanzia, primaria e secondaria di I grado, che con diverse e peculiari esigenze, spesso non si trovano troppo d’accordo sul fatto che gli alunni, in particolare quelli della primaria e secondaria di I grado, vista l’età, siano pronti a sostenere, un monte ore giornaliero di attività didattiche eccessivamente lungo. Negli ultimi anni il mondo scolastico è spaccato in due su un argomento tanto delicato quanto attuale. Secondo alcuni quest’ultima servirebbe a migliorare la didattica, consentendo di adeguare la vita scolastica a quella sociale e professionale, aumentando il tempo libero dello studente, valorizzando parallelamente l’educazione familiare. Sulla sponda opposta coloro che invece la ritengono un ostacolo all'apprendimento poiché la concentrazione delle lezioni in soli cinque giorni non consentirebbe di distribuire adeguatamente il monte giornaliero di studio, gli studenti non riescono a mantenere per 6-7 ore lo stesso livello di concentrazione (a risentirne sono soprattutto le materie concentrate nelle ultime ore) e spesso i pendolari sono costretti ad uscire di casa all'alba rientrando nel tardo pomeriggio, a discapito del giusto riposo e dello studio. Qualsiasi sia l’opinione in merito, la decisione dovrebbe (e ripetiamo dovrebbe) essere appannaggio dei singoli istituti scolastici e di nessun altro. A livello teorico dunque, ogni scuola decide per sé in base a ciò che ritiene più opportuno per il bene degli insegnanti e soprattutto degli studenti, a livello pratico però spesso questa autonomia viene minata dall'esterno attraverso richieste (che spesso e volentieri diventano delle vere e proprie imposizioni) che nulla hanno a che fare con il fine ultimo che gli istituti scolastici dovrebbero perseguire: l’apprendimento degli studenti. Tra queste richieste, negli ultimi anni, si annovera il ritorno della settimana corta. Molte Province e Comuni hanno infatti spinto gli istituti a ridurre le giornate di lezione, scendendo da 6 a 5. In parole povere: il sabato niente scuola. La motivazione alla base di questa esigenza però non ha nulla a che vedere con l’insegnamento, ma è legata più che altro ad un altro fattore: i soldi. La settimana corta infatti si configura come un vero e proprio risparmio per coloro che sono costretti a pagare per il funzionamento degli istituti: si spende meno di riscaldamento, acqua, elettricità e via dicendo, raggiungendo cifre che a fine anno influiscono, e pure parecchio, sul bilancio complessivo. Il problema è che la decisione dovrebbe essere appannaggio della scuola sulla base di ben altre motivazioni che devono solamente tendere a migliorare l'offerta didattica e formativa degli alunni e a questo proposito sorge spontaneo chiedersi se dopo che un alunno è stato seduto per 6 ore a scuola, l'augurio è quello che sia la stessa scuola a trovare le soluzioni più adatte per non caricare di altri esorbitanti compiti da svolgere a casa, come attualmente avviene, che costringerebbero il ragazzo ad uno stress psicofisico che sarebbe meglio evitare, e rinunciare magari al diritto di praticare attività extrascolastiche , soprattutto sportive , perchè a conti fatti al ragazzo resta meno tempo per studiare e meno per le altre attività.

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