La chiesa di S. Lucia

Febbraio 14, 2013 3309

Situata sulla sommità del monte e del quartiere che da essa prende il nome, è una chiesa rurale costruita su un preesistente luogo di culto di cui nulla rimane in alzato. Addossati alla chiesa e accanto ad essa si trovano vari ambienti ed edifici, costruiti in epoche diverse, per il ristoro dei pellegrini e degli animali che salivano al santuario. Il piccolo tempio, di certo esistente alla fine del XV secolo, subì successivi lavori di ripristino di cui i più importanti si ebbero intorno al 1713; allorquando si pensò di dare una più degna allocazione al nuovo simulacro di S. Lucia. È la cappella costituita da una navata rettangolare e dall'abside su cui si erge l'altare e la nicchia che custodisce il simulacro ligneo della Santa. Alla chiesetta, servita da una piccola sacrestia, è stato tempo fa sostituito l'antico pavimento, utilizzando la stessa pavimentazione marmorea della parrocchia di S.M. della Croce.



Al santuario, tuttora frequentato, era legata una insolita espressione di pietà popolare nota come - corsa del fuoco o "delle frasche" - Annualmente la sera del 13 dicembre tutti gli adolescenti ed i ragazzi, escluse le donne, salivano al santuario di S. Lucia, dove i giovani più grandi e gli anziani avevano già preparato le "frasche": fascine a forma di cono eseguite con legna minuta e 'canne legate con rami di oleastro. Quindi accese le torce i giovani più grandi dinanzi e i più piccoli dietro si lanciavano, gridando e correndo, lungo il pendio della strada che va dal santuario al centro abitato, e arrivati nella attuale piazza Vittorio Veneto giravano per tre volte intorno ad una catasta di legna, approntata in precedenza, e vi appiccavano il fuoco. Iniziava allora l'ultima fase del rito. I giovani riuniti in cerchio attorno al falò, per dar prova di virilità e coraggio, si lanciavano tra le fiamme saltandole. Naturalmente più grande era la fiamma e il salto, più alta era la considerazione che il ragazzo acquistava tra i suoi coetanei e, soprattutto, tra le sue coetanee. Vana appare ogni ricerca per determinare l'origine della singolare "processione": nata al sorgere dei tempi in essi si perde. Inoltre non bisogna dimenticare che le "frasche", portate da adolescenti, erano a forma di cornucopia. Questo simbolo era particolarmente caro all'adolescente Attis, dio delle piante e figlio della dea Cibele; e il culto di Attis e di Cibele doveva essere particolarmente vivo qui da noi, come inducono a pensare i numerosi reperti votivi dedicati a questi dei e ritrovati in varie zone del territorio rebalbutese.

Ultima modifica il Venerdì, 17 Gennaio 2014 10:30