Mancano pochissime ore all'avvio della Festa di San Vito e già i preparativi della festa sono rodati da parte degli organizzatori. Si inizierà con la tradizionale processione dell'alloro che a partire dalle 17 si snoderà per le vie principali della città. La descrizione è tratta dal libro di Ignazio E. Buttitta dal titolo " Le feste dell'alloro in Sicilia". Nel tempo molte cose sono cambiate rispetto alla descrizione di Buttitta: non ci sono più le auto al seguito e altre cose ... . Ma la processione continua ad emanare quel fascino antico e soprattutto religioso che fa parte di tradizioni che si perdono nel tempo manifestate dalla simbologia vegetale dell'alloro. Buona lettura.
Alla festa di Troina segue in ordine di tempo quella di san Vito a Regalbuto. Essa si svolge tra l’8 e l’11 agosto, articolandosi in diversi momenti caratterizzati da una differente processione per ogni data. La processione dell’alloro si svolge il pomeriggio del giorno 8. Nei giorni immediatamente precedenti, i fedeli compiono il viaggiu in diverse zone dei Nebrodi, per raccogliere dei rami di alloro. Lo scopo effettivo e dichiarato del “viaggio”, così come il gesto di raccogliere l’alloro56, è il desiderio di ingraziarsi il Santo. Il fedele fa una promisioni (voto) al Santo e la assolve effettuando u viaggiu anche per diversi anni successivi. Il “viaggio” non è necessariamente effettuato con l’intenzione di sciogliere un voto, ma anche per “semplice” devozione. Il viaggiu viene compiuto da singoli individui o a gruppetti, prevalentemente in automobile, ma anche, sebbene in minor misura rispetto al passato, a piedi. I fedeli utilizzano l’automobile per raggiungere i luoghi della raccolta, perché i siti distano anche diverse diecine di chilometri e la gestione del tempo ha mutato i suoi modi. Agira, Gagliano, Mistretta sono alcune delle mete dei fedeli di san Vito. Essi non hanno, come in altri casi, un luogo d’elezione per la raccolta, né il loro pellegrinaggio è organizzato dall’autorità religiosa. Questo almeno è quanto avviene oggi, poiché non si deve escludere feste dell’alloro in sicilia 53 che nel passato le forme e i luoghi del pellegrinaggio fossero codificate, come tuttora si osserva per la festa di san Silvestro a Troina e per quella di san Cataldo a Gagliano Castelferrato. Conclusosi il viaggiu i fedeli si danno appuntamento il pomeriggio del giorno 8, intorno alle 16:30, presso la chiesa di San Vito, appartenente all’ordine dei padri Cappuccini. La chiesa del XV secolo è una struttura a tre navate, che conserva tracce di un’originaria architettura gotico-normanna, nonostante le alterazioni apportate dai frati. Questi giunsero a Regalbuto nel 1585 ponendo la loro sede fuori dal paese, nei pressi di un’altra chiesa più antica dedicata a san Vito, in una località della quale oggi si è perduta traccia e memoria. Peculiarità di tale edificio era l’avere nei pressi una sorgente dalle virtù miracolose, che si voleva fatta scaturire per opera del Santo. In un secondo tempo i Cappuccini, installatisi presso l’attuale chiesa di San Vito, vi trasferirono la memoria del passaggio del Santo e dei suoi miracoli. Famoso tra tutti è quello di avere ricomposto e ridato la vita alle membra dilaniate di un giovane, dopo avere ammansito i feroci cani che lo avevano straziato. Un altro riferisce che san Vito restituì ad un malcapitato la mano asportatagli dal morso di un cane idrofobo. In relazione a questi miracoli si intende la particolare funzione del Santo quale patrono dei morsicati da cani rabbiosi , e si giustifica il continuo pellegrinaggio cui era fatta oggetto la sua chiesa di Regalbuto negli anni in cui quello della rabbia era un flagello della civiltà rurale. Di queste qualità taumaturgiche, peraltro, si serba traccia nell’iconografia relativa al Santo che lo mostra fiancheggiato ai lati da due cani e nella presenza di cani nella processione odierna58 . Questa, come si è già accennato, si comincia a organizzare intorno alle 16:30 quando i fedeli iniziano ad affluire in chiesa. Singolarmente o a piccoli gruppi, recando in mano rami di alloro, scendono dalla strada che porta al lago di Pozzillo lungo la quale si trova la chiesa. Alcune fedeli, sempre meno col passare degli anni, si mostrano a piedi scalzi e con le capigliature sciolte (comportamenti questi che richiamano forme di nudità rituale). Ai singoli rametti è legata con un nastrino rosso un’immaginetta del Santo59. Giunti alla chiesa i fedeli seguono un percorso prestabilito: entrano dall’ingresso principale e, percorsa la navata destra, sfilano dinanzi all’altare, dove è situata una statua rappresentante il Santo Patrono, offrendo degli oboli in denaro. Infine escono da un ingresso laterale, sito a metà della navata sinistra, andando a incolonnarsi per la processione. Durante l’esecuzione di questo itinerario all’interno della chiesa, i fedeli cominciano a levare acclamazioni, che si susseguiranno poi per tutta la durata della processione. Una singola voce maschile o femminile propone: E griramu, e griramu cu cori cuntritu, e gli altri in coro rispondono: Viva Ddiu e Santu Vitu. Intanto, mentre la folla va aumentando, sopraggiungono i ntinni (le antenne). Si tratta di lunghe pertiche in legno rivestite interamente di alloro e arricchite da fazzoletti multicolori e nastri perlopiù rossi. Anche due cani con mantellina rossa ricoperta di foglie di alloro vengono introdotti in chiesa e seguono lo stesso percorso di tutti prendendo parte, come ho già detto, alla processione. In occasione della festa dell’8 agosto 1990, i ntinni presenti erano in numero di tre, portate a braccia. Secondo le testimonianze di alcuni anziani, avvalorate peraltro da quanto dice in proposito Naselli, esse, ancor più riccamente decorate di quanto non lo siano oggi, e in numero maggiore, erano trasportate in processione anche a dorso di cavalli e muli60 . La processione si articola secondo il seguente ordine: aprono la schiera il sacerdote e i chierichetti, uno dei quali in posizione centrale reca il reliquiario del Santo; segue il complesso bandistico che suonerà pressoché ininterrottamente per tutta la durata del rito. Dietro la banda musicale ecco levarsi le tre “antenne”, affiancate ai due lati dai cani, seguite dalla gran massa dei fedeli ciascuno con il suo ramo di alloro in mano. La scena risulta estremamente suggestiva e suggerisce l’idea di un’immensa foresta itinerante. Dietro la lunga teoria dei fedeli appiedati, seguono alcune cavalcature scarsamente addobbate le quali (anch’esse secondo le testimonianze degli anziani che si riferiscono a circa venti anni fa) erano in passato molto più sfarzose nei finimenti e arricchite da grandi fasci di alloro, oltre ad essere molto più numerose. Oggi l’uso del cavallo cede però il passo alle automobili che ricoperte di alloro seguono le cavalcature, partecipi in tutto alla processione. Una coppia di artificieri, con relativo mortaio, che precede di un centinaio di metri la processione, si occuperà di sparare i bbummi dall’inizio dell’itinerario sino alla benedizione dei rami. La processione inizialmente segue un percorso che, partendo dalla chiesa di San Vito ai Cappuccini, risale la via Garibaldi per giungere in piazza Vittorio Veneto, dove si eleva la chiesa di Santa Maria. Non appena la processione entra in piazza tutte le campane della chiesa prendono a suonare vivacemente, mescolandosi alla musica della banda e alle sempre più alte e frequenti invocazioni dei devoti. feste dell’alloro in sicilia 55 Da qui i fedeli si inoltrano per il corso, la via Ingrassia, e lo percorrono fino a giungere una prima volta alla piazza Matrice sulla quale si affaccia la chiesa di San Basilio. Dalla piazza la processione si dirige poi verso la parte alta del paese, effettuando un lungo giro tra vie e vicoli contorti e, giunta sull’asse della via Roma, ridiscende alla chiesa di Santa Maria, per inoltrarsi infine nuovamente nel corso. La processione, a questo punto alle sue battute finali, giunge finalmente ai piedi della scalinata della chiesa Madre. In capo a essa il sacerdote, munito d’aspersorio, comincia a benedire i ntinni, i rami e le fronde protesi dai devoti che sfilano dinanzi a lui. Viene poi il turno dei cavalieri e infine delle automobili. Via via che i fedeli ricevono la benedizione, effettuano un giro dietro la chiesa e vanno disperdendosi con i loro rami benedetti. Questi ultimi (così come avviene per le palme pasquali) verranno custoditi, all’interno delle abitazioni, nelle stalle etc., fino all’anno successivo, quando un nuovo ramo li sostituirà. Una tradizione ormai estintasi per l’intervento dell’autorità giudiziaria, di fronte al verificarsi di diversi incidenti, era quella che prevedeva, il giorno successivo alla festa, una particolare cavalcata. Un nutrito gruppo di cavalieri in groppa a muli e cavalli riccamente bardati, impugnando vecchi fucili a avancarica (i scupetti), ripercorreva l’itinerario compiuto il giorno precedente dalla processione, sparando ripetutamente. Su questa tradizione riferisce un’opera di storia locale: «Nei tempi antichi, quando i rilievi vicini erano ricoperti di boschi ed erano popolati dai lupi, la gente vi si recava in cerca di alloro munita di fucili e relative munizioni, le quali, se non fossero state utilizzate durante il viaggio sarebbero state consumate in segno di giubilo rientrando in paese» (Venticinque - Monaco 1988). Al di là della validità dell’interpretazione offerta, appare evidente l’analogia con quanto avveniva fino a pochi anni fa al rientro dei pellegrini a Troina. La festa non ha termine se non il giorno 11, risultando netta la scissione del rito tra quanto avviene il giorno 8 e quanto avviene nei giorni successivi e cioè le processioni delle reliquie di san Vito, che verranno prima portate dalla chiesa Madre alla chiesa dei Cappuccini per poi esservi ricondotte, e la solenne processione del fercolo del Santo. Ambedue, in tempi non troppo lontani, vedevano operare la ricca e potente confraternita di San Vito rimasta ormai solo un ricordo. Sembra abbastanza evidente che su un’originale festa precristiana, le cui tracce sono ancora leggibili nelle prime fasi cerimoniali, si sia innestato un tentativo di rielaborazione e legittimazione da parte della Chiesa. Esso, tuttavia, a Regalbuto (come altrove) non ha sortito gli esiti voluti: la sacralità dell’alloro si ripropone ancora autonomamente rispetto a quella dei Santi