«Abbiamo perso, c’ è poco da dire. E vi dirò di più, quando ci battiamo con i grillini prendiamo la batosta». E poi: «Renzi ha perso perché non ha fatto abbastanza Renzi». Il presidente del Consiglio a tarda notte trae le somme delle elezioni amministrative. E insiste: «Ho rottamato troppo poco».
Ancora: «Devo mettere da parte la vecchia guardia». Ragionamenti che nascono da una constatazione: «Dovunque ci siamo battuti con i 5 stelle questi ultimi hanno vinto». E, quindi, «non siamo sconfitti», perché «abbiamo ancora spazi». Ma «siamo anche pronti a farci male», come si «è visto in alcune situazioni». Dunque, Renzi plaude a Sala, l’ unico candidato che ha scelto direttamente e pubblicamente. Ma non nega le «sconfitte». Sono giorni, per esempio, che va ripetendo sempre la stessa frase: «Su Roma non recuperiamo più».«Ora vedremo che cosa sanno fare i grillini». Ma Renzi non crede che quello di Roma sia stato un voto contro di lui. O contro la riforma: «Abbiamo perso le elezioni nelle periferie non perché si sono espressi sul bicameralismo o sul sistema elettorale. Abbiamo perso perché quelle periferie erano piene di immondizia e problemi e perché la Capitale è stata governata male. Ho visto le immagini dei telegiornali sul voto a Roma. Si vedevano cassonetti che straripavano di rifiuti davanti ai seggi…». Ciò a cui però Renzi non crede è che quel voto rappresenti la prova generale della Santa Alleanza contro di lui, quella che tenterà l’ assalto al palazzo coagulandosi attorno al «No». «Ragazzi quella è tutta un’ altra storia», dice il premier. «A Milano come a Torino – è il ragionamento di Renzi – non c’ è nessuna Santa Alleanza contro di me. Il premier ragiona anche sull’ offensiva che la minoranza interna potrebbe mettere in atto all’ indomani del voto. È convinto che diranno che «ci vuole un segretario che lavori a tempo pieno» e che, quindi, chiederanno la modifica di quell’ articolo dello Statuto del Pd secondo il quale il leader del partito è automaticamente il candidato premier.Ma per raggiungere questo obiettivo «ci vuole un congresso», spiega il premier. E aggiunge: «E comunque bisogna passare prima per il referendum e io quello sono sicuro di vincerlo. Stavolta ci sarò io in campo e quella sarà una sfida fantastica». E ancora: «Io comunque non mi dimetto da niente». Ma una registrata al partito, Renzi la vuole dare sul serio e «la si darà – annuncia – a prescindere dai risultati elettorali». Come intende procedere il premier? «Partendo dall’ organizzazione del referendum», precisano i renziani. Sarà quello, infatti, lo strumento che il premier utilizzerà «per capire chi lavora nei territori, chi sono gli alleati interni di cui ci si può fidare» e per comprendere «come funziona effettivamente la rete renziana». nsomma, il referendum sarà lo strumento attraverso cui il premier preparerà il «suo» partito. Perciò la «macchina elettorale» che verrà creata per far vincere i «Sì» al referendum sarà la stessa «macchina» che, per dirla con le parole di un renziano molto influente, «terrà il motore acceso per il dopo». Morale della favola: è un esperimento. Insomma, il premier di una cosa è assolutamente certo: «Che fine farò io dipenderà dal referendum, non dalle Amministrative».
Maria Teresa Meli per il “Corriere della Sera”
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