"Quando i Canadesi entrarono a Regalbuto, proprio dietro le truppe della Brigata Malta che aveva occupato il paese, videro una scena di distruzionemolto più vasta di ogni altra vista in Sicilia prima. Il paese aveva ricevuto un’abbondante dose di cannonate e di bombardamenti aerei e, quasi, nessuna costruzione era rimasta intatta. Macerie bloccavano completamente la strada principale; un passaggio venne aperto quando il genio con bulldozers aprì, in una strada secondaria, un viottolo stretto che permetteva il passaggio di un solo veicolo. Per la prima volta non c’era la folla applaudente a darci il benvenuto, insieme alla usuale richiesta, a voce alta, di sigarette, cioccolate o biscotti. Il paese era deserto; la maggior parte degli abitanti era scappata nelle colline intorno o nei tunnel della ferrovia. E ora cominciavano a ritornare, sporchi, laceri e apparentemente affamati, cercando pietosamente miseri oggetti tra le macerie delle loro case distrutte."
Quando lessi per la prima volta la relazione di G. W. L. NICHOLSON tradotta da Angelo Principe sulla "Cattura di Regalbuto " mi colpi proprio quest'ultima parte della descrizione dei fatti che si erano susseguiti dal 27 luglio 1943 al 2 Agosto. Data , quest'ultima, della definitiva fine di una battaglia cruenta che mise duramente alla prova la stremata popolazione regalbutese. Regalbuto il 2 Agosto non festeggiò l'ingresso dei Canadesi , gli effetti dei bombardamenti causarono 134 vittime civili accertate ufficialmente. In quei giorni la nostra Città pagò un caro prezzo ad una guerra che causò vittime civili, militari e dispersi dei quali non si conoscevano i luoghi di prigionia.
Se oggi ammiriamo e amiamo questa città così come abbiamo modo di viverla coi suoi palazzi, le chiese , le strade , le case , è solo grazie alla paziente e determinata volontà di quei regalbutesi che vollero sollevarsi dal ricordo di quei giorni. La città ricominciò a vivere, da lì a poco dopo il 2 Agosto, la Festa di San Vito , cerco di immaginare le preghiere , la partecipazione , la voglia di scendere in strada e vivere la festa nonostante i morti,le case distrutte, la fame. La mia però è solo immaginazione perchè forse non vi era nulla da festeggiare. Tutti erano uniti nella gioia e nel dolore delle perdite: la gioia di rivedersi , di abbracciarsi , di raccontare. I miei ricorsi si fermano in tal senso ai sabati e domeniche sera durante i quali il "corso" era affollato di famiglie che amavano passeggiare,la Piazza , e nelle sere d'estate la passeggiata verso il "Calvario" con il suo viale di eucaliptus fino alle tre Croci. Regalbuto era lì in questo senso di appartenenza. In questo voler uscire di casa per incontrare e incontrarsi. In quella comunione di volontà che forse oggi si è perduta o che abbiamo dimenticato.
AgoVit