Naturalmente la campagna elettorale e le relative elezioni amministrative del maggio del 1956 non furono che l'epilogo di quei quattro anni da me passati e vissuti cosi intensamente a Regalbuto, fra lotte contadine ed operaie da una parte e l'azione persecutoria e faziosa -oltre che "cattiva, sotto tutti i punti di vista", condotta contro la sinistra in generale e contro la mia persona, in modo particolaree. Ciò da parte di chi rappresentava il clero e, con esso, la Democrazia Cristiana, Il vero motivo di questo accanimento è da ricercare nel fatto che in quegli anni a Regalbuto primeggiava non tanto l'attività politica generale del momento quanto quella personalistico-affaristica dell' esponente del clero locale e dei suoi congiunti e parenti vari. E questo non era quello che sostenevo soltanto io ma, finanche, buona parte della "controllata" D.C., buona parte della quale, al Comune -resasi conto della realtà- decise di rompere col partito e, come in premessa detto, con l'appoggio esterno dei sei "compagni" consiglieri, completò gli ultimi due anni di civica amministrazione. Per questi motivi, oltre che per l' incoraggiamento indirettamente maturato per l'intensa opera svolta dalla sinistra nei vari settori della vita pubblica -in quel periodo, fino al momento del mio trasferimento a Dittaino, ero io il segretaio della locale Sezione del PCI., ben otto consiglieri della DC si presentarono, come indipendenti, nella nostra lista di sinistra, avente come emblema la "Torre di S.Calogero", rudere di una vecchia torre che sovrasta l'abitato di Regalbuto.
Altro passaggio che ritengo valga la pena ricordare è quello concernente i rapporti fra i due pariti di sinistra, PCI e PSI, che anche a Regalbuto vivevano, come il resto d'Italia, i loro problemi di "diversità", ma non solo ideologica. Basti pensare che, all' indomani delle elezioni, gli otto socialisti -appunto perchè tali, e quindi dei "moderati" rispetto agli otto comunisti- cominciarono a "brigare" con gli otto indipendenti DC per l'elezione a Sindaco del Professore Ricciari. A me la presa di posizione dei socialisti interessava relativamente, anche perchè -situazione che ormai esisteva da circa un anno- col mio trasferimento a Dittaino, avevo fissato la mia dimora nell'alloggio della stazione stessa. NON COSI' la pensavano gli elettori che, come già detto, mi elessero con 1.274 voti di preferenza (a me, "forestiero") contro i meno di duecento del del Prof. Vito Ricciari, i quali cittadini, in modo particolare tantissime popolane, avuto sentore di quanto nella sede della C.d:L., messa a disposizione per l'occasione, stava avvenendo, rumorosamente protestando all'esterno, imposero la mia scelta, sopratutto per rispetto della volontà popolare!
Venne così deciso che io sarei stato il Sindaco. Nessuno dei "cosiddetti intellettuali" era disposto a ricoprire la carica di Vice-sindaco; venne così destinato a tale incarico il compagno Giuseppe Milici, con l'intesa che allo stesso avrei corrisposto, mensilmente, la metà dell'indennità di carica, peraltro allora modestissima, che io avrei percepito. Da aggiungere che già un paio di mesi dopo mi collocai in aspettativa, senza stipendio delle Ferrovie, per assolvere a tempo pieno il mandato, posizione di aspettativa che mantenni per un anno, durante il quale, però, mantenni -per l'ntera durata del mandato, cioè fino al 1960- l'occupazione dell'alloggio di servizio presso la stazione di Dittaino. Così da quella mia prima elezione e fino al marzo del 1980 ho sempre avuto due dimore: una nel comune ove prestavo servizio e l'altra a Regalbuto. Certo, non ho mai avuto abitazioni di lusso nè di proprietà, ma abitazioni modeste, anche se, ritengo, decorose.
A questo punto, dall'assunzione dell'incarico di primo cittadino, più che le mie considerazione penso valgono i fatti. E i fatti che contano sono quelli scritti e per di più pubblici; ecco perché mi accingo a fare ciò, riservandomi -occorrendo- di esprimere, all'occorrenza, le necessarie precisazioni:
(Nota aggiunta: La partita col barone Spitaleri venne chiusa, vale a dire concordata, con il tributo annuo di lire 500.000; prima pagava zero, per il semplice motivo che, non avendo la residenza nel comune, era esente dal pagamento dei relativi tributi comunali!)
Altro argomento non trattato nella relazione, ma di grandissima importanza MORALE, oltre che politica, e veramente "rivoluzionario" per l'impatto con la cittadinanza, è quello di avere restituito al popolo quella parte del PALAZZO MUNICIPALE di cui i cosiddetti nobili, da tempo immemorabile, si erano appropriati creandovi il loro Circolo: in pratica, tutto il piano terra. Faceva eccezione l'ultimo vano, prospiciente la via I. D'Amico, dove aveva la propria sede il Comando dei Vigili Urbani, come se fosse stato scelto apposta, quel presidio, per assicurare la tranquillità ai nobili stessi!
25/3/2013
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Salvatore Bova
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Segue 4)
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Sicuramente la mia attività a Regalbuto in questi tre anni circa, dal maggio ‘52 allo stesso periodo del 1955, quando venni trasferito a Dittaino, non si limitò agli episodi in precedenza menzionati. Intanto, già dal 1953 fui segretario della Sezione (oltre che membro del Comitato Federale ad Enna); ma la mia attività, scusate l’immodestia, ma ciò faceva parte del mio carattere, oltre che del mio modo di pensare e di fare sia la politica che l’attività sindacale e non si limitava a questi soli campi, ma, già in quel paio d’ anni, mi interessavo di vari problemi spiccioli del paese e davo anche una mano nell’organizzare il carnevale. Nel partito si tenevano, direi tutte le sere - quando ero libero dal servizio, riunioni e dibattiti che, via via, assunsero la fisionomia di veri e propri corsi politici. Tanto che la Federazione , evidentemente resasi conto dei risultati più che positivi, mi affidò l’incarico di tenere analoghi “incontri” in numerose sezioni della Provincia. E’ da tenere presente che io non ho mai frequentato un corso politico o sindacale e che da queste attività non traevo vantaggi di alcun genere. E i compagni ne erano convinti e consapevoli! 4/3/2013
La lettera di Palmiro Togliatti, di risposta ad una mia segnalazione fatta alComitato Centrale del PCI. Da notare che io non ho scritto al Segretario Generale e nemmeno alla Direzione Centrale, ma al Comitato Centrale. Il comune da me citato nella lettera non era, ovviamente, quello di Regalbuto bensì quello di Montella, in provincia di Avellino. Nella mia lettera-segnalazione -della quale riporto, di seguito, mezza pagina delle quattro che componevano la segnalazione- mi riferivo al caso che interessava il Veterinario Condotto di quel comune, occasionalmente conosciuto in treno. Il Veterinario, un certo Dr. Buttiglio Federico, in quanto dipendente di un certo livello e cultura, lamentava la discriminazione rispetto a qualifiche più basse. Infatti, mi diceva che l’Amministrazione “di sinistra”, che fra l’altro lui giudicava, nel complesso, più che positiva, pubblicamente sosteneva: “se di aumento si deve parlare questo deve avvenire nei confronti delle categorie più basse, a cominciare dai netturbini, e non dai co6siddetti Professionisti, anche se dipendenti comunali”!
Una lettera del Sen. Umberto Terracini, il quale, come tutti i dirigenti e la stampa di sinistra, a cominciare da L’Unità, seguì -sia in Parlamento che a livello governativo- tutte le mie “vicende”:
… e la lettera del Segretario della Federazione con la quale mi si offriva un mese di ferie “tutte spesate”, da me non fruite, anche perché c’erano le lotte in corso e, in vista, le elezioni amministrative!
1°) volevo dire che, pur essendomi sempre considerato un“compagno di base”, e come tale ho sempre cercato di fare, le mie conoscenze e rapporti, sia in positivo che in negativo, hanno avuto, spesso, come interlocutori, soggetti o Personalità di alto profilo; ma di ciò non ho mai approfittato, almeno al fine di trarne vantaggi più o meno personali.
2°) intendevo dimostrare, anche perché non ho mai frequentato corsi o scuole di partito - di nessun partito,che ho sempre pensato e agito, anche sbagliando, secondo le mie convinzioni, senza paraocchi o, peggio ancora, per pura e semplice opportuni. E di questo, debbo prenderne atto e ringraziare, la stragrande maggioranza dei regalbutesi, che in molte occasioni, me ne ha riconosciuto i meriti.
6/3/2013
Continua.......
Salvatore Bova
Nel mio breve commento al risultato delle elezioni del 24 e 25 dello scorso mese di febbraio concludevo, nel firmarmi:...Tre volte sindaco… mai per“ autoproposizione”.
Nel caso non mi fossi espresso bene, volevo dire che le mie candidature a Sindaco, non solo in quelle tre ‘56/60 - ’63/67 e ‘93/97, sono sempre avvenute non per mia iniziativa, ma per volontà di buona parte dei regalbutesi e della totalità, o quasi, dei compagni - certamente quelli di base.
Per quanto riguarda l’ultima candidatura e la successiva elezione del 1993 lo farò, se ci arrivo, al momento opportuno; anche se già ora posso anticipare che quest’ ultima esperienza -per molti motivi- non fu per me per nulla soddisfacente.
Quindi, considerato il tempo trascorso (dal 1956 ad oggi sono passati ben 57 anni) penso non siano tanti i regalbutesi che allora avevano un’età giovanile - come la mia, ad esempio: avevo da poco compiuto 31 anni- tale da avere vissuto e partecipato alla vita pubblica di Regalbuto.
Diventa pertanto necessario offrire qualche documentazione per ciò che io, in aggiunta di quanto eventualmente ho detto in precedenza, mi accingo ad esporre.
Intanto comincio con la lettera, del 25/3/1956, del compagno Alberto Ferrarotto, allora Segretaio della Sezione del PCI di Regalbuto:
Ecco, ora, la stesura originale, a firma del comp. Ferrarotto, del verbale dell’incontro, fra la delegazione del PCI e del PSI, del 6/1/1956, in vista delle elezioni amministrative di quell’anno, a Regaluto:
13/3/2013
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16/3/2013
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Alla luce di quanto fin qui ho detto, mi sembra logico e doveroso -al fine di avere un quadro più completo del mio modo di agire e di pensare- esternare alcune riflessioni che mi riguardano e che potrebbero interessare eventuali altri soggetti che fin qui hanno avuto la bontà e la compiacenza di seguirmi.
Un mio pregio, che per altri potrebbe anche essere giudicato -e, ad esempio, avrebbero ragione di farlo i miei familiari- un difetto di non poco conto, è stato, e continua ad esserlo, quello di non badare ai soldi. Chiaro che ho avuto fin da ragazzo il “privilegio” della pagnotta assicurata, ma, relativamente ai quattrini, c’è gente che, pur stando bene -e nel dire “ricco” non ci sono limiti: il discorso vale anche per chi i “quattrini” li ha a miliardi- vuole stare sempre meglio! Questa categoria di persone, secondo il mio modo di pensare, è destinata ad essere sempre insoddisfatta, se non -addirittura- infelice. Chiaro, anche, che i soldi, quelli necessari per condurre una vita dignitosa, ci vogliono. Oltre questa soglia -che è difficile quantificare, in quanto dipende dal soggetto che giudica- si dovrebbe veramente considerare il principio secondo cui i soldi, anche se non indispensabili, comunque, aiutano a vivere meglio| (ma sappiamo anche che non è stato sempre così: ci sono state persone che si sono uccise o rovinate dopo aver vinto una lotteria!).
Altro argomento che ritengo opportuno chiarire, naturalmente secondo il mio punto di vista, è quello relativo al significato che io ho sempre attribuito agli incarichi pubblici, con particolare riguardo per quelli derivanti dal mandato popolare.
Parlando di incarichi pubblici ci tengo a precisare che fra tali incarichi, io includo anche, se non soprattutto, i dipendenti di enti pubblici, a cominciare, per esempio, dai comuni, dalle aziende sanitarie, ecc. ; per intenderci, da strutture che vivono e si mantengono col pubblico denaro, anche se indirettamente, attraverso il ripiano aziendale. La sostanziale differenza fra dipendenti pubblici e dipendenti privati sta nel fatto che questi ultimi dipendono da un padrone “privato“, singolo o societario che sia e questi, in conseguenza si comporta nella gestione sei propri dipendenti….e sapete cosa intendo dire (la FIAT insegna!). Insomma, il privato, ad esempio, non dico che non accetta “segnalazioni” di dipendenti da assumere o da promuovere, ma se lo fa lo fa a condizione che il soggetto segnalato soddisfi le proprie esigenze e, soprattutto, lavori e gli “renda”; a meno che l’assunzione del segnalato non abbia una diversa, e comunque per lui soddisfacente, contropartita. E di ciò non deve rendere conto a nessuno, tranne che a se stesso o alla società che rappresenta.
Ben diversa è l’assunzione presso un ente o una struttura pubblica. Sappiamo tutti che chi aspira ad un posto del genere di solito, non sempre fortunatamente, l’ottiene grazie ad una “segnalazione” o raccomandazione che dir si voglia, anche se si tratta di partecipazione ad un pubblico concorso. Qualcuno può dire che questa é una mia opinione; invece no: è opinione comune che la “prassi” che io ho descritto è ciò che in effetti avviene! Non solo, ma l’assunto, in quanto “segnalato” o “raccomandato”, che di solito corrisponde alla promessa di un voto o subordinanza politica, si sente autorizzato “a non fare niente” o quasi; non solo, ma fa carriera! E visto che nessuno dice ahi!, in quanto l’ente o azienda pubblica non è come il privato, è la collettività che ne paga le spese e le conseguenze! Ci sarà dell’esagerazione, ma non credo che si sia molto lontani dalla verità, almeno nella sostanza, quando, per volerne dimostrare la similitudine, anche esagerando e facendo riferimento alla Regione Siciliana o a qualche suo comune, si sostiene che con una -o anche due- ambulanze si assumono dieci autisti!
Ebbene, per quanto mi riguarda, nel corso dei miei tre mandati di Sindaco, ho assunto pochissime persone; non perché mi faceva piacere non dare qualcosa che, senza danno per la collettività, potevo “benevolmente” elargire, ma per il semplice motivo -in base a quanto ho detto prima- che non ritenevo giusto caricare sui cittadini oneri -il che vuol dire tributi- che non potevano o dovevano inutilmente, o quasi, subire. Quelle poche assunzioni fatte all’epoca avvennero o perché imposte dalla legge -per le categorie protette- o in seguito a quei pochissimi pubblici concorsi -due o tre in tutti quegli anni- e per pochissime unità (una o due al massimo, se ben ricordo), con l’osservanza del massimo rigore. Eppure, lo seppi dopo, parecchio tempo dopo, in uno di questi concorsi -riguardava un applicato- malgrado il rigore da me preteso, uno dei componenti della commissione si lasciò co…. mmuovere da un partecipante, anzi dal di lui padre!
Si tenga presente, ci tengo ad evidenziarlo, poiché -a tale riguardo- sono sempre stato coerente, fin dalla mia entrata in ferrovia, nel lontano 1941 -perché, modestia a parte, fra i più bravi e veloci telegrafisti dell’Isola- ho sempre disimpegnato col massimo impegno il mio servizio, in modo tale -come in altra occasione ho accennato- da meritare, sempre, con l’eccezione regolamentare dei due anni in cui fui sospeso “per motivi politici-documentati”, non solo la qualifica di “eccezionale” (quindi oltre il lodevole) la stima e la considerazione dei colleghi, dei superiori, e dei subalterni!
ECCOMI ORA AI DIPENDENTI PUBBLICI ELETTI DAL POPOLO Questi, in aggiunta alle normali prerogative richieste ad un buon dipendente pubblico, anche se dirigente, mi sembra logico, che dovrebbe avere e mantenere -per onorare dovutamente il suffragio ricevuto dal popolo- la massima trasparenza, correttezza e disponibilità. Per l’assolvimento di qualsiasi incarico elettivo, è’ da veri disonesti usare ed abusare dei voti ricevuti per soddisfare interessi personali, sia pure -e a maggior ragione- quale ricompensa per il voto ricevuto (leggasi “voto di scambio”). Se poi il tizio eletto dal popolo -questo a vario livello, e, naturalmente, in modo crescente a seconda del “livello” del mandato- non contento dell’onore ricevuto col voto -e con l’onore l’eventuale più o meno consistente o vistosa indennità, e relativi privilegi- va a rubare o a vendersi, per questi ci vorrebbe, sul serio, la GALERA E LA GOGNA.
Altra considerazione che voglio fare è questa. Se, alla fine del lontano 1950, anziché finire ad Avola, ove peraltro vi rimasi pochissimo, dopo la prima punizione politica -evidentemente voluta dal Ministro Mattarella e dal Direttore Generale delle Ferrovie Di Raimondo- fossi rimasto a Trapani o fossi stato trasferito in un grosso centro abitato, quale sarebbe stata la mia vita? Da premettere che solo qualche settimana prima di quel trasferimento tenni a Trapani, per la precisione in contrada Xitta, il mio primo comizio politico per conto del PSI; non ricordo più se in occasione di evento elettorale o di particolare ricorrenza. Preciso ancora che il secondo comizio della mia vita, come ho riferito prima in questo mio scritto, lo tenni, a distanza di appena qualche anno, a Caronia per le amministrative del ‘52; e ciò “pochi giorni prima di essere trasferito a Regalbuto! Mi chiedo quindi: se fossi rimasto a Trapani o fossi finito in un grosso centro, al verificarsi di analoghe situazioni come quelle vissute a Regalbuto, probabilmente il mio comportamento sarebbe stato lo stesso; con la differenza, però, che il mio “bacino” di interlocutori -e quindi di potenziali elettori- sarebbe stato proporzionato ai cittadini residenti.
Questa mia considerazione ci porta anche ad un’altra conseguenziale considerazione, che in precedenza, sia pure sotto altro aspetto, ho già evidenziato: Chissa quanti altri a Regalbuto, magari più capaci e indicati di me, nelle stesse circostanze, avrebbero potuto fare di più e di meglio di me e avere, quindi, quei meriti che i regalbutesi mi hanno -in tanti anni- riconosciuto e attribuito.
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In tutto quello che ho fin qui detto, penso di avere manifestato il mio modo di pensare e di agire. Chiaro che, nel corso dei diversi decenni di attività svolta a Regalbuto, avrò commesso una buona dose di errori: mai però intenzionalmente. Comunque, per questi, ancora mi scuso con chi eventualmente ne ha subito le conseguenze.
21/3/2013
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Continua........
Salcatore Bova <p style="text-transform: none; text-indent: 0px; font: 300 15px/24px 'Helvetica Neue', Helvetica, Arial, 'Nimbus Sans L', sans-serif; white-space: normal; margin-bottom: 1.62em; letter-spacing: normal; color: rgb