Il recente successo della squadra femminile della Juventus sulla Fiorentina davanti a 39 mila spettatori con le immagini televisive in diretta di un evento che a ragione può considerarsi una svolta storica nel mondo del calcio, ci inducono a riprendere il titolo di un articolo apparso di recente sul sito on line "volere la luna" a firma di Daniele Poto, che voglio riproporvi.
Nel mondo dello sport italiano le pari opportunità dirigenziali sono un autentico miraggio visto il sostanziale predominio del genere maschile (dai membri del Comitato Olimpico Internazionale ai presidenti di federazione) ma sui campi, sulle pedane e negli impianti sportivi le grandi icone sono tutte a spiccata vocazione femminile.
Tale predominio si riflette nelle medaglie. In un apporto decisamente rilevante specie se paragonato ai dati del tesseramento e dei praticanti. Solo nel caso della pallavolo, infatti, il genere femminile prevale numericamente su quello maschile, traducendo in risultati questa leadership, confermata dal secondo posto mondiale confrontabile con il quinto posto dell’omologa squadra maschile. Qui ha brillato la grande Egonu, italiana per scelta, formidabile bomber meno che ventenne che poi, dopo l’argento iridato, è tornata alla ribalta per il coraggioso outing rivelatore della propria omosessualità.
I personaggi sulla cresta dell’onda sono immarcescibili donne leader per la propria disciplina come Kostner (pattinaggio su ghiaccio), Pellegrini (nuovo), Cagnotto (tuffi). Donne che non mollano anche se hanno superato la boa dei trent’anni e, in qualche caso, fatto i conti anche con l’aggravio-piacere della maternità. A lato anche soggetti più giovani e di buona prospettiva olimpica invernale come la Goggia o la Brignone (sci alpino) e la Fontana o la Lollobrigida (pattinaggio di velocità).
Il bilancio dell’atletica azzurra agli europei (e parliamo di una disciplina considerata “regina” rispetto agli altri sport) è stato salvato dalla marciatrice Palmisano e, più in generale, il numero delle finaliste al femminile nella manifestazione ha soverchiato le rare presenze al maschile.
Non è dunque un caso se una grande campionessa del passato (Sara Simeoni) è stata recentemente messa alla guida del comitato che deve promuovere i grandi eventi sul territorio nazionale coordinando colleghi maschi di gran prestigio come Nino Benvenuti e Klaus Dibiasi, disciplinatamente ai suoi ordini. Nel contesto del progresso anche donne sportive che sanno imporsi in politica come Josefa Idem (disarcionata da uno scandalo largamente strumentale, soprattutto se confrontata con vicende seguenti) o Valentina Vezzali, mettendo a frutto prestigio, popolarità ma anche una spiccata sensibilità.
Anche il calcio, lo sport più popolare del Paese, ha fatto un grande passo in avanti quest’anno con il forte anelito a sganciarsi dall’egida della Lega Dilettanti per approdare nel più grande alveo dello sport professionistico. Il calcio femminile si è sganciato dall’immagine stereotipata di sotto-genere di un football muscolare. Il varo di squadre-costola di club importanti (Juventus, ma anche Milan e Roma) ha avuto l’effetto di una scossa su tutto il movimento che ha tradotto in risultati il nuovo fermento permettendo, sullo slancio, alla nazionale di guadagnarsi (dopo 20 anni di esclusioni) la partecipazione ai prossimi campionati del mondo. La capitana azzurra Sara Gama è un emblema di questo nuovo corso, di questa boccata di aria fresca.
Nello sport dei disabili, infine, Bebe Vio ha saputo riscattare la propria apparente marginalità per un’attività a torto considerata di serie B, con un profilo limpido e un’ambizione alta, certificata dalla perentoria affermazione: «In futuro vorrei diventare presidente del CONI». Malagò si sta già preoccupando?
Sembrano lontani i tempi delle piccole conquiste. Come quando per la prima volta la preparazione olimpica del CONI venne affidata a Rosanna Ciuffetti, quasi destando scandalo nell’ambiente.