La sera mio padre , i padri e i nonni, sarebbero scesi in cantina con la bottiglia in mano e il cuore pieno di speranza. Si sarebbero inginocchiati con la chiave in mano che di li a poco avrebbe aperto la vite della cannula e fatto scorrere il primo vino torbido all'inizio ma poi il colore sarebbe emerso agli occhi , il profumo al naso e infine il sapore. Ognuno a sera avrebbe vantato il proprio vino e guai a dirgli che aveva un retrogusto acetoso..Lo avrebbero fatto ovunque, nelle vie , nelle piazze e nei circoli. Solo chi all'assaggio avrebbe scoperto che il mosto si era trasformato in aceto stava zitto e quel silenzio era noto al silenzio di chi sapeva quale fosse il significato.La sera a tavola tra salsicce e castagne mio cugino Enzo avrebbe sfornato il cosciotto di maiale cotto al forno dopo una giornata trascorsa a raccogliere olive, Mario aveva già gli occhi lucidi per i troppi assaggi, lo zio Vincenzo invece aspettava anzioso a tavola e con quel suo accento catanese ci raccontava le sue storie, intanto Melo metteva i baffi finti per fare la parodia a Hitler ( cosa che gli riusciva benissimo). Più serie le donne: zia Lucia , Nina , la Mamma intende a cucinare e portare a tavola le pietanze. Quella sera il vino a Savarino riuniva tutti e dopo sul tardi si sarebbero intonati i canti siciliani tra i brindisi, formaggio pecorino e olive , fino a che il vino si sarebbe esaurito. Era la sera di San Martino.
E la pampina di l’aliva,
di l’aliva la pampina.
E la pampina di l’aliva,
di l’aliva la pampina.
Veni lu ventu e la cutulia,
ca cimiddia cascari la fa.
Veni lu ventu e la cutulia,
ca cimiddia cascari la fa.
E la pampina di l’aliva,
di l’aliva la pampina.
E la pampina di l’aliva,
di l’aliva la pampina.
Veni lu ventu e la cutulia,
ca cimiddia cascari la fa.
Veni lu ventu e la cutulia,
ca cimiddia cascari la fa.
La, la, la, la, la, la…