Come sta cambiando il livello di istruzione in Italia ? I dati pubblicati attraverso il censimento permanente mostrano che il livello di istruzione, nell’arco di un decennio, è aumentato in modo generalizzato nel nostro paese. Ma le differenze restano molto ampie a livello locale. A dicembre, Istat ha pubblicato i primi dati provenienti dal censimento permanente. Si tratta di un cambio di paradigma per le possibilità di monitoraggio su temi chiave come istruzione e condizione economico-sociale delle famiglie.
Molti degli indicatori - analizzati dalla fondazione Openpolis - in chiave comunale – ad esempio evidenziano l’uscita precoce dal sistema di istruzione, oppure il tasso di famiglie con figli con potenziale disagio economico – risalgono all’ultimo censimento, nel 2011. E quindi, anche se restano uno strumento prezioso, parlano di un paese che è molto cambiato nel corso di un decennio. 1,4% minori in povertà assoluta nel 2019. Erano il 5% nell’anno del censimento.Anche a causa dell’emergenza Covid-19, e dell’impossibilità di procedere con rilevazioni sul territorio, i primi dati rilasciati a livello comunale riguardano soprattutto le informazioni strutturali, come le variabili demografiche, quelle di stato civile e il livello di istruzione della popolazione dai 9 anni in su. Ma questa attività di raccolta è la premessa per poter aggiornare anche indicatori più complessi, come quelli già citati.E già adesso, i dati pubblicati consentono di individuare tendenze e andamenti che per il futuro del nostro paese sono cruciali. Ad esempio il livello di istruzione, che dal 2011 è aumentato sull’intero territorio nazionale. All’ultimo censimento, i residenti sopra i 9 anni con al massimo la licenza media erano il 57,4% della popolazione, oggi sono il 50,1%.
Aumentano soprattutto i diplomati (+4,5 punti percentuali), mentre è più contenuto l'incremento dei laureati (+2,6 punti).Va sottolineato come, nonostante il miglioramento complessivo che emerge da questi dati, i confronti internazionali indichino come il nostro paese resti ancora piuttosto lontano dagli altri stati Ue. L'abbandono scolastico tra i giovani, ad esempio, pur diminuito negli ultimi anni, resta ancora al 13,5% (contro una media europea del 10,3%). Nel 2019 l'Italia è quinta in Ue per tasso di abbandono dopo Spagna (17,3%), Malta (17,2%), Romania (15,3%) e Bulgaria (13,9%). Inoltre, i dati del censimento permanente offrono finalmente una vista su quanto siano ancora forti le differenze interne al paese. In primo luogo tra regioni diverse: la percentuale di residenti sopra i 9 anni con al massimo la licenza media raggiunge i livelli più alti in Sardegna (57,4%), Sicilia (56,5%) e Puglia (56,4%). Al contrario, quelle dove il dato è più basso sono il Lazio (42,3%) e le province autonome di Trento e Bolzano (43%).Le differenze non emergono solo tra regioni diverse, ma anche a livello locale. La quota più alta di residenti con al massimo la licenza media si registra soprattutto in 3 province sarde (Sud Sardegna, 63,9%; Oristano, 61,9% e Nuoro, 61,4%) e nella provincia di Barletta-Andria-Trani (61,9%). In questi territori il dato supera di oltre 10 punti la media nazionale, ma anche le rispettive medie regionali (57,4% per la Sardegna e 56,4% per la Puglia). Seguono 4 province siciliane: Caltanissetta (60,0%), Ragusa (59,9%), Enna (59,7%) e Trapani (58,4%).
Le aree dove la quota di diplomati o laureati è più elevata sono le città metropolitane di Roma e Milano. Qui la percentuale di residenti senza diploma è rispettivamente 39,6% e 41,8%. Scendendo a livello comunale, questi dati sono confermati da quelli dei rispettivi capoluoghi.
Tra i 10 comuni più popolosi, sono infatti Milano (35,7%), Bologna (36,6%) e Roma (36,7%) quelli con meno residenti senza diploma.
FONTE OPENPOLIS.IT