Prof.Guido Silvestri :" E' necessario aumentare la capacità diagnostica"

Aprile 03, 2020 2456

Il nostro blog ha riportato nei giorni scorsi i pareri del prof Guido Silvestri che vogliamo ricordarlo è professore ordinario di Patologia Generale alla Emory University di Atlanta (Georgia – USA). Dal 2001 dirige un laboratorio di ricerca specializzato nello studio dell’infezione da HIV, di cui è considerato uno dei massimi esperti al mondo. Lo seguiamo sulla sua pagina facebook e da cui traiamo le sue opinioni basati da ragionamenti scientifici. Il prof Silvestri ci sembra tra i tanti , assieme a Ilaria Capua, ( chissà perchè entrambi in America) tra i pochi ricercatori comprensibili e onesti.

" Perdonatemi se anche oggi vi “bombardo” di numeri, ma in una situazione come questa la SFIDA per noi – e lo dico come essere umani ed al di là del nostro background specifico – è di mantenere la freddezza di ragionare (e prendere decisioni) basandosi su DATI NUMERICI e non sulle nostre storie e/o impressioni personali, che possono essere emotivamente forti, ma rimangono scientificamente insignificanti.

I dati epidemiologici che abbiamo, a cui io faccio spesso riferimento, sono senz'altro incompleti, biasati, "sporchi", ma sono validati dagli enti che li raccolgono (WHO, CDC, Protezione Civile, etc), e ci permettono una continuità di valutazione, anche statistica. Se rinunciamo ai numeri, ci restano solo rumori e leggende (oltre alle bugie dei ciarlatani) – tutte cose a cui non possiamo lasciare campo libero.

Fatta questa premessa, proviamo a spiegare alcuni “paradossi” di questi giorni. Partiamo dal 10 marzo, giorno in cui è iniziato l'isolamento della popolazione in Italia (negli USA, come sapete, si è iniziato più tardi). Il 10 marzo i casi confermati di COVID-19 erano 10.149 in Italia e 1.025 negli USA – quindi circa un decimo che in Italia. Sempre al 10 marzo, i morti erano 631 in Italia e 28 negli USA.

Prof. Guido Silvestri Nei 23 giorni seguenti il numero dei casi italiani sale a 115.242 (aumento di ~11 volte), mentre negli USA sale a 245.213, oltre il doppio dell'Italia. Nello stesso periodo, i morti sono 13.184 in Italia e 5.110 negli USA. In base a questi numeri, la letalità da COVID-19 sarebbe 12.1% in Italia e 2.1% negli USA (ricordando che in entrambi i paesi c’e’ un picco regionale di mortalità: Lombardia e New York, rispettivamente).

Con questi numeri in mano bisogna porsi almeno tre domande:
1. Perché l’infezione sembra diffondersi molto più rapidamente negli USA che in Italia?
2. Perché la letalità di COVID-19 sembra essere molto più alta in Italia?
3. Come si mettono insieme queste due osservazioni apparentemente in contrasto tra loro?

Provo a rispondere con tre ipotesi.

Ipotesi #1. L’infezione si diffonde più rapidamente negli USA perché c’è meno isolamento, e la letalità americana aumenterà presto per raggiungere i livelli italiani. L’ipotesi cozza col fatto che la letalità calcolata negli USA è rimasta simile tra il 10 marzo ed oggi (tra il 2 ed il 2.5%), mentre secondo questo modello sarebbe dovuta aumentare da tempo.

Ipotesi #2. L’infezione si diffonde di più negli USA perché c’è meno isolamento, ma la letalità in Italia è più alta per problemi specifici della sanità italiana. Di questo ho parlato nel post “Perché tanti morti in Italia”, ma è difficile credere che la gestione clinica della stessa malattia dia un risultato così diverso in due paesi dove si pratica lo stesso tipo di medicina.

Ipotesi #3. L’impressione di una diffusione rapida di SARS-CoV-2 negli USA nasce dalla enorme capacità di fare tamponi, che ha permesso di diagnosticare molti casi che altrimenti sarebbero rimasti sommersi. Questa ipotesi spiegherebbe anche l’apparente alta letalità italiana postulando un numero molto alto di infezioni non diagnosticate.

La ipotesi #3 è supportata dalla osservazione, comune ad USA e Italia, che quando si aumenta la “capacità diagnostica” del sistema (in altre parole, quando si fanno più tamponi) si trova un numero sorprendentemente alto di positivi.

Come si confermerà se la ipotesi #3 è giusta?

Semplice: attraverso studi sierologici a tappeto della popolazione nel periodo post-pandemia (o, ancor meglio, cominciando fin da adesso).

Quali sono le IMPLICAZIONI PRATICHE dell’ipotesi #3?

Ce ne sono due importanti, e sono entrambe BUONE NOTIZIE.

La prima è che, se i casi non-diagnosticati di infezione con SARS-CoV-2 sono molto numerosi, la letalità reale di COVID-19 sarebbe molto più bassa di quanto calcoliamo adesso, probabilmente sotto l’1%.

La seconda è che il livello di immunità verso SARS-CoV-2 nella popolazione sarebbe più alto di quanto si pensi, così rendendo meno drammatica la possibilità di una seconda ondata di COVID-19 alla “riapertura” delle porte (che non possono rimanere chiuse per sempre) o con il tornare del freddo, che è il clima preferito dai Coronavirus.

Ricordo che molti centri, tra cui il nostro, stanno lavorando furiosamente per mettere a punto test sierologici ad alta sensibilità e specificità, che saranno fondamentali per gestire la TRANSIZIONE dalla fase della pandemia a quella dell’endemia evitando disastri tanto alla salute pubblica quanto all’economia.

Di questi argomento -- ed in particolare delle analisi sierologiche -- torneremo a parlare in dettaglio nei prossimi giorni e... lo faremo con un paio di SORPRESE che ho in serbo per coloro che seguono questa pagina."

 

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