“Me la stavo facendo sotto come non mai.”
Non importa che tu abbia vinto tutto, ovunque, contro chiunque. Non importa che tu abbia 31 anni (per il nuoto, sono quattro vite e mezzo), non importa neppure che questa sia la tua ultima gara a un mondiale, prima dei saluti.
Federica Pellegrini aveva paura. Paura vera. Terrore fisico. Come tutti noi, prima di un esame o un colloquio importante. Solo che poi si è tuffata in acqua, ha fatto quattro vasche avanti e indietro e ha fermato il cronometro sull’1.54.22: quarto oro iridato nei 200 stile libero. La sua gara. La sua storia. Un pezzo di storia di questo sport.
Federica Pellegrini è l’atleta vivente che ha vinto di più - e più a lungo - nella storia dello sport italiano. Eppure, per una legge assurda e datata quasi 40 anni fa, Federica non è una professionista. Nessuna donna in Italia oggi lo è. Non lo è Simona Quadarella che ieri ha trionfato nei 1500 stile. Non lo sono le calciatrici della nazionale, non lo sono le ragazze del Setterosa, non lo sono state Flavia Pennetta, Valentina Vezzali, Fiona May, e non lo sarà la figlia Larissa.
Qui non c’entra nulla il mercato. Parliamo di donne che hanno dedicato ogni ora, attimo, pensiero, respiro al proprio sport, portandolo a livelli di perfezione mai raggiunti prima, che hanno sacrificato tutto per una medaglia, un oro, per raccontare con un gesto l’Italia nel mondo. E l’Italia, in cambio, le sta trattando da dilettanti.
Grazie Federica, donna normale, atleta infinita.
La politica che in queste ore fa a gara per celebrarla se ne ricordi quando i riflettori, ancora una volta, si spegneranno.