Un albero non può rispuntare senza un humus adeguato, senza un tempo lungo durante il quale le radici si formano e si diramano.

Lo sa quasi certamente anche Totò Cuffaro, che pure ha avuto la determinazione e la caparbietà di mettere mano ad una iniziativa, alla costruzione della Dc o di qualcosa che la richiama, e che tanti altri, in varie parti d’Italia, hanno tentato di fare senza risultati.

Totò ha utilizzato un brand che, pur bombardato da mille polemiche e da tantissime accuse, mantiene una buona attrattiva, ha messo in campo la sua notevole capacità di intrecciare relazioni umane.

Gli è giovata la scelta di non consentire il riciclaggio del vecchio personale, riuscendo così a costruire una forza che nelle elezioni regionali ha ottenuto un consenso vicino a quello della Lega, è presente con i suoi assessori nella giunta di governo e in diverse amministrazioni locali, a cominciare dal capoluogo.

È risorta la Dc?

No!

Oltre Lazzaro, nessuna resurrezione, né di esseri umani, né di vicende storiche, è nota.

Si tratta di un’altra cosa rispetto alla Dc, di una cosa che a quella si richiama e di quella ripropone alcuni dei tratti ormai lontani.

Se tornano nel lessico corrente parole antiche, non possono tornare culture ed esperienze nate e affermatesi in un mondo scomparso.

Non si possono far rivivere il potere, la diffusa presenza nella realtà sociale, la capacità di governare il Paese.

Si può e si deve invece tenere in vita il patrimonio immateriale, la storia di quella esperienza.

Si deve affermare una lettura più corretta e veritiera di quella proposta in questi decenni.

La Dc non torna nel ridotto siciliano, dove rischierebbe di apparire il frutto di un processo clientelare.

Non torna collocata a destra.

La dimensione isolana, una forza pure imprevista e tuttavia esigua, la vicinanza con questa destra conferiscono all’esperimento di Cuffaro un ruolo lontano da quello di un partito che per decenni esercitò una forte egemonia e che, disse De Gasperi, era una realtà di centro che guardava a sinistra.

Quel centro che manca all’assetto politico italiano e verso il quale tendono in molti, ancora con scarsi risultati, non può essere occupato in Sicilia dalla formazione di Cuffaro.

Essa può avere una funzione moderatrice nel rapporto con i suoi alleati.

I vecchi democristiani, coloro che tra il partito di Meloni e quello di Salvini scelgono di stare in essa, anche con il solo riproporre il riferimento alla dottrina sociale, al bene comune, al solidarismo, all’europeismo, portano parole d’ordine positive e concetti lontani da quelli in uso nella destra.

Se pure non potranno oscurare questi concetti, né impedire che ne restino la cifra, un riferimento anche flebile alla eredità morale e politica della Democrazia cristiana, potrebbe essere un utile controcanto