La sentenza della Corte di Strasburgo riconosce per la prima volta il DIRITTO AL CLIMA nel contesto dei diritti umani e segna un precedente importante per la giustizia climatica.
La Svizzera è STATA CONDANNATA dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo (Cedu) perché non ha fatto abbastanza per proteggere i suoi cittadini dal cambiamento climatico: quella dei giudici di Strasburgo è una sentenza simbolica, ma costituisce un precedente importante perché potrebbe incoraggiare i cittadini di altri stati a rivolgersi alla Corte per chiedere conto ai governi delle loro politiche sul clima.
Nel pronunciamento sul contenzioso – intentato dall’associazione elvetica ‘Anziane per il clima’, supportata da Greenpeace Svizzera – la Corte ha stabilito che Berna non ha agito in modo abbastanza incisivo contro il riscaldamento climatico e che questo configura una VIOLAZIONEDEI DIRITTI UMANI dei suoi cittadini.
In particolare, la violazione riguarda l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo sul RISPETTO DELLA VITA PRIVATA E FAMILIARE.
A presentare il ricorso erano state quattro donne dell’Associazione, composta da circa 2300 over 65. La scelta di rappresentare proprio questa fascia di età è supportata da vari studi scientifici sui pericoli che le ondate di caldo comportano per la salute delle donne anziane.
Il ‘DIRITTO AL CLIMA'?
La sentenza della Cedu, che riconosce per la prima volta ‘il diritto al clima’ nell’ambito dei diritti umani, arriva all’indomani del MESECPIÙ CALDO DELLA STORIA.
A rilevarlo è stato il servizio Copernicus Climate Change (C3S), implementato dal Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine per conto della Commissione europea, secondo cui marzo 2024 è stato il più caldo a livello globale di qualsiasi altro mese di marzo precedentemente registrato, con una temperatura media di 0,73°C al di sopra della media del periodo 1991-2020 e al di sopra del precedente record, stabilito nel marzo 2016. Il peggio è che non si tratta di un’anomalia ma di un trend costante: questo è il decimo mese consecutivo che risulta il più caldo mai registrato per il rispettivo mese dell’anno. Nell’ultimo anno, inoltre, la temperatura media globale ha superato il limite di 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali (la media 1850-1900) fissato dall’Accordo di Parigi del 2015 e dalla COP26 di Glasgow del 2021. “Ciò a cui abbiamo assistito nel 2023, in particolare con il calore senza precedenti dell’oceano, il ritiro dei ghiacciai e la perdita del ghiaccio marino antartico, è motivo di particolare preoccupazione” ha fatto sapere l’Onu.
Il continuo riscaldamento degli oceani, combinato con il rapido scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari, ha portato lo scorso anno il livello del mare al suo punto più alto da quando sono iniziate le registrazioni satellitari nel 1993. Anche qui, non è un’anomalia: negli ultimi dieci anni (2014-2023) l’innalzamento del livello medio globale del mare è stato più del doppio del tasso registrato nel primo decennio di registrazioni satellitari.
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