Stop alle agevolazioni fiscali per le palestre che si fanno scudo del riconoscimento del Coni, in virtù della presunta attività dilettantistica svolta dagli istruttori, quando il vero core business è costituito dal fitness sganciato da competizioni e gare. Il giro di vite contro l'evasione dei contributi da versare all'Inps per il lavoro svolto dagli istruttori, anche senza subordinazione, arriva dalla Cassazione e a farne le spese per prima è una palestra di Genova, che ha perso il ricorso contro la cartella esattoriale. Senza successo, la palestra ha fatto presente di essere affiliata al Coni e di aver diritto all'esenzione contributiva per l'agonismo dei suoi istruttori.
Ma dagli accertamenti svolti dagli ispettori era emerso che gli istruttori con "carattere abituale" erano impegnati in attività "non funzionale ad attività agonistica" e che "alcune delle attività svolte rientravano in un concetto ampio di sport comprensivo non solo di attività competitive ma più in generale della cura dell'esercizio fisico".
Di fronte a questo quadro 'probatorio', la Cassazione ha ricordato che l'esenzione da imposta "in favore delle associazioni non lucrative dipende non dall'elemento formale della veste giuridica assunta", in pratica non basta denominarsi "associazione sportiva dilettantistica", "ma dall'effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro" rispetto alla quale è un dato "del tutto estrinseco e neutrale" quello "dell'affiliazione alle federazioni sportive e al Coni".
Così la Suprema Corte - con il verdetto 21535 - ha confermato la legittimità della cartella esattoriale, come stabilito dalla Corte di Appello di Genova nel 2013, dal momento che era emerso che nella palestra veniva svolta una attività "meramente commerciale".
Fonte : La Repubblica di Genova