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L’Università degli Studi di Palermo e Telethon hanno depositato un brevetto internazionale grazie a una scoperta da parte del gruppo di chimici farmaceutici del Dipartimento STEBICEF – Scienze e Tecnologie Biologiche Chimiche e Farmaceutiche dell’Ateneo composto dalla Paola Barraja, ordinario di chimica farmaceutica, Alessandra Montalbano, Virginia Spanò e Marilia Barreca.
Il brevetto sancisce un accordo tra UniPa e Telethon per lo sviluppo di una importante classe di composti di loro sintesi e saggiati presso l’istituto TIGEM (Telethon Institute of Genetics and Medicine) dal Prof. L. J. V. Galietta, da anni impegnato nel trattamento della Fibrosi Cistica (FC).
“La fibrosi cistica – ha spiegato Paola Barraja, coordinatrice del team di ricerca – è una malattia genetica che colpisce in Italia ogni anno circa 6000 pazienti, con un’aspettativa di vita media fino ai 40 anni, causata da mutazioni della proteina Cftr. Questa è una proteina presente sulla membrana delle cellule che rivestono le vie aeree dei polmoni e che controlla il normale scambio di acqua e sali. La proteina CFTR è presente anche in altri organi quali il pancreas, il fegato e l’intestino. Quando le due copie del gene CFTR, ereditate dal padre e dalla madre, sono entrambe mutate, la proteina non può più funzionare correttamente”.
Per Barraja: “La conseguenza nei polmoni è la produzione di un muco denso che compromette fatalmente la normale funzione dell’apparato respiratorio. La mutazione F508del, la più frequente tra i pazienti affetti da fibrosi cistica, causa un difetto di maturazione della proteina Cftr che viene quindi degradata prematuramente. Questo difetto può essere contrastato utilizzando dei composti chimici chiamati correttori. Al momento, si conoscono solo pochi correttori in grado di correggere il difetto in maniera efficace su cellule epiteliali di pazienti con fibrosi cistica. I composti sintetizzati dal gruppo di Palermo hanno dimostrato in vitro un recupero significativo della funzione della proteina CFTR mutata, soprattutto se combinati con altri correttori dotati di meccanismo d’azione complementare. Tali risultati – conclude la prof.ssa Barraja – rappresentano un primo passo molto importante verso il possibile sviluppo di nuovi farmaci per correggere il difetto di base nella fibrosi cistica”.