Una modifica del decreto sulla esenzione del ticket per le prestazioni sanitarie, con l’inserimento dell’obbligo di presentazione del modello Isee per evitare gli errori dovuti all’autocertificazione. A chiederlo all’assessore regionale alla Salute Baldo Gucciardi sono stati i segretari di Spi Cgil Fnp Cisl e Uilp Uil Concetta Balistreri, Mimmo Di Matteo e Pino Caruso durante un incontro chiesto dai sindacati dei pensionati dopo l’invio da parte dell’Asp 6 di Palermo di alcune diffide a pensionati che hanno diritto all’esenzione. “Con il modello Isee – spiegano – si eviterebbero anche i casi di evasione da parte di chi invece non possiede i requisiti di reddito previsti e che dunque deve pagare, e si tutelerebbero di più coloro che hanno realmente diritto all’esenzione come pensionati al minimo e disoccupati. L’assessore ha assicurato che con i suoi uffici esaminerà la possibilità di modificare il decreto”. Fra le richieste anche una rapida analisi dei ricorsi già presentati da parte di coloro che contestano la diffida a pagare il ticket. “Per non aumentare il disagio degli aventi diritto e ottenere subito risposta al ricorso”. E infine la necessità ribadita dai sindacati di attivare “una piattaforma che faccia dialogare e mettere insieme i dati dell’Asp, dell’Inps e dell’Agenzia delle Entrate, in modo che gli uffici dell’Azienda sanitaria possano verificare con informazioni più dettagliate le situazioni degli utenti per dare loro una risposta più immediata e adeguata”.

Nei giorni scorsi il capogruppo di opposizione del movimento civico “Regalbuto riparte “ Giuseppe Maria Sassano ha protocollato le richieste di chiarimenti su alcuni punti che vorrebbero fossero inseriti nel prossimo consiglio comunale. I punti riguardano :” la richiesta di chiarimenti in merito alla gestione pubblica o privata del cimitero comunale e quali siano le intenzioni della giunta . La situazione strutturale dell’edificio del cine teatro Urania – si legge - alla luce delle fessure evidenti nel prospetto della facciata, la richiesta di intervento urgente per la perdita di acqua potabile in via del Mille e relativi chiarimenti su eventuali danni ed infine la richiesta di chiarimenti sull’uso e ripartizione del mutuo di un milione e trecentomila euro stanziato in bilancio ma non ancora acceso. “

Nel campionato provinciale di calcio a cinque nella categoria “giovanissimi” c’è molta attesa nel team della società sportiva Rahl Butahi perché il mese di febbraio dirà se il team del presidente Nello Arcodia , campione provinciale uscente,riuscirà a bissare il titolo che conquistò nella passata stagione. Attualmente secondi in classifica , fino a d ora Samuele Naselli e compagni hanno subito una sola sconfitta ad Agira contro la capolista Argyrium . Mancano tre partite del girone prima della qualificazione alla fase provinciale e per i ragazzi del Rahl Butahi la concentrazione è tutta diretta nel centrare l’obiettivo. L’organico della squadra è formato da Gianluca Baio,Giuseppe Bonomo,Gaetano Gamiddo,Gianluca Sinagra,Francesco Cardaci,Pietro Ferrante,Damiano Rao,Francesco Vitale,Angelo Toscano,Samuele Naselli,Dario Galati e Carmelo Romano. Di questi ragazzi alcuni come Vitale,Ferrante,Baio e Rao potrebbero far parte della rappresentativa regionale della categoria. La squadra è allenata dal trio Luca Vitale,Rosario Ferrante e Vito Cardaci . “ Anche quest’anno – ci dice il presidente del sodalizio Nello Arcodia – vogliamo centrare l’obiettivo della qualificazione alla fase regionale a conferma della bontà della nostra scuola di calcio. Per noi è importante il settore giovanile per la passione che questi giovani ragazzi ogni giorno ci dimostrano frequentando assiduamente gli allenamenti e le partite.” Oltre alla categoria giovanissimo la scuola calcio a cinque del Rahl Butahi si dedica alla categoria “piccoli amici” allenata anche quest’anno da Gaetano Messina.

“E’ paradossale che in provincia di Enna in alcuni comuni si registra la carenza di operatori ecologici autorizzati a lavoro straordinario mentre sono insostenibili i costi ed il numero degli amministrativi con livelli apicali , alcuni dei quali con superminimi. Tutto questo evidenzia come il sistema rifiuti sia distorto ed occorre un intervento concreto”. A dichiararlo è l’ ex consigliere provinciale Giuseppe Regalbuto, il quale ha invitato i comuni ad assumersi le proprie responsabilità, deliberando scelte di contenimento dei costi in modo certo e privo di interpretazioni, per non incorrere nelle responsabilità erariali che il mancato controllo li espone. Inoltre Regalbuto invita i sindaci a valutare l’operato dell’attuale Collegio di Liquidazione e la corrispondenza con quanto deliberato dall’assemblea in merito al contenimento dei costi. “ Il rischio è –prosegue Regalbuto – che si facciano solo proclami e non si intervenga di conseguenza, è paradossale che il piano d’ambito provinciale venga predisposto da tecnici dell’ Ato, che pur avendo le dovute professionalità, tendono a proporre un piano d’ambito su indicazione dei sindaci con costi esorbitanti, cosa assurda e che il Piano successivamente non viene approvato dagli stessi sindaci, chiedendo integrazioni e modifiche. Tutto questo ritarda l’efficienza del servizio. Attualmente vi è una disorganizzazione del personale, lavoratori dislocati nei comuni senza una reale necessità, gli uffici amministrativi e tecnici di Enna sono ubicati in affitto con lo sfratto imminente, i noli dei mezzi permangono invariati così come il costo del carburante, tutto questo determina ogni giorno l’ aumento dei costi che si ripercuoteranno sui comuni e di conseguenza sui cittadini”. La presa di posizione dell’ex consigliere Regalbuto tende a fare chiarezza in merito ad alcune problematiche che investono il settore dei rifiuti in provincia di Enna e che vedono alcuni lavoratori attualmente protestare per la mancata corresponsione delle spettanze. Regalbuto inoltre auspica che il commissario regionale, Eugenio Amato, possa operare nel rispetto della normativa, bloccando e segnalando alle autorità competenti tutti gli abusi riscontrati durante la sua permanenza, inoltre di corrispondere a tutti i lavoratori interessati le mensilità pregresse diffidando tutti i soggetti che hanno responsabilità nel settore.

l viaggio di ritorno di Ade a casa ancora non si è concluso; ha intravisto i luoghi del suo innamoramento, il lago sulle cui sponde vide passeggiare Kore, l’innocente fanciulla figlia della sorella Demetra, che desiderò e volle ad ogni costo come regina del suo terribile regno. Ma il colle Aidoneo, quello che da lui prese (forse) il nome, il colle e il boschetto dove si riposò della corsa affannosa, dopo aver rapita la divina fanciulla, quello no, ancora una volta è rimasto lontano… costretto ad intraprendere un altro viaggio, l’ennesimo! Mentre, all’interno di un’altra prigione di vetro ascolta distrattamente un monotono parlottio, ritorna col ricordo ai luoghi di Morgantina dove un artigiano l’aveva modellato, rivestendo il capo e la barba di capricciosi riccioli, blu intensi per la barba, rossicci per i capelli, e increspando le sue labbra in un broncio che tanto gli si addiceva. La statua era stata ordinata dalle Tesmoforiazuse, le spose che si preparavano alle feste in onore di Demetra e il ceramista l’aveva fatta più piccola per non incorrere nell’ira delle dee Madre e Figlia. In quel sacello, che condivideva con loro, era stato allietato da processioni, canti, doni… ha ancora nelle orecchie lo squittio disperato dei tanti maialini, sacrificati dalle sacerdotesse, per impetrare la fertilità delle madri e dei campi. Lui, abituato sempre ai bui e tetri luoghi del suo regno, godeva di quei momenti! Ma aspetterà ancora per potersi ricongiungere con la donna amata e la potente sorella… ancora qualche mese, un attimo nell’eternità…
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Infine è arrivato il momento di presentare agli ennesi, ai siciliani, agli italiani tutti la preziosa testa, attribuita ad Ade, il dio degli Inferi, il Plutone dei romani. I fortunati che questo giovedì hanno assistito al suo disvelamento hanno appreso anche che non farà ritorno, per ora, ad Aidone, nel museo regionale dove si conservano i reperti ritrovati a Morgantina e le altre divinità provenienti dagli stessi santuari di San Francesco Bisconti. adeNon la vedranno per questo inverno, magari la primavera farà il miracolo. La statua è stata recuperata materialmente dai Carabinieri, del Nucleo di Tutela del Patrimonio Culturale di Palermo, coordinati sostituto procuratore Francesco Rio, che si sono recati a Los Angeles, dove hanno organizzato la missione di recupero, in con la collaborazione con Dipartimento di Giustizia U.S.A. e con il Getty Museum, che, dopo averla acquistata per oltre 500 dollari dal magnate Templessman, già due anni fa aveva manifestato la volontà di restituirla all’allora direttore del Museo, l’architetto Enrico Caruso. A quanto pare la mancanza cronica di fondi dell’assessorato regionale ha “impedito” in tutto questo tempo di organizzare il rientro, ma l’iniziativa del dottore Rio e dei carabinieri ne ha consentito il rientro senza oneri per la regione. L’indagine ancora in corso ne richiede il sequestro giudiziario e quindi un’ulteriore periodo di custodia presso il comando dei Carabinieri di Palermo.
ade presentazione
La presentazione è avvenuta nell’Auditorium “Falcone e Borsellino” del Tribunale di Enna, al tavolo dei relatori, moderati dal padrone di casa, il Procuratore Massimo Palmeri, si sono alternati: il Sostituto Procuratore Rio, che in modo vivace ha raccontata la rocambolesca avventura del recupero, il Maggiore Luigi Mancuso, il comandante dei carabinieri del TPC siciliano, che, constatata la presenza in sala di un bel gruppo di studenti di varie età, ha voluto evidenziare la necessità dell’educazione, fin dai primissimi anni di scuola, per la prevenzione di questi odiosi reati che non depauperano solo il nostro patrimonio culturale ma, con il saccheggio sistematico dei siti, privano gli studiosi e noi tutti della possibilità di ricostruire la nostra storia. È intervenuto il dottore Gaetano Pennino, Dirigente Generale dei BB.CC e dell’Idendità Siciliana e infine la dottoressa Laura Maniscalco, direttrice del Museo di Aidone, che ha illustrato il sito di San Francesco Bisconti, l’area sacra posta tra la Morgantina ellenistica e quella arcaica della Cittadella, da dove provengono oltre che la testa di Ade anche la cosiddetta Venere e gli Acroliti.
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La Maniscalco è convinta che da scavi in quest’area, nonché dalla esplorazione delle tante cassette di materiali giacenti nei magazzini, potrebbero arrivare molte sorprese. Sorprese come quella che ebbe Serena Raffiotta quando, lavorando alla sua tesi di specializzazione, trovò il primo ricciolo blu tra i tantissimi frammenti conservati nei freddi e polverosi magazzini. Da quelle cassette provengono gli altri tre riccioli che hanno dimostrato, senza possibilità di smentita, che quella testa proviene dal tesmoforio di San Francesco. adeHo sentito telefonicamente Serena Raffiotta, assente giustificata all’appuntamento in tribunale, che si è detta emozionatissima e molto soddisfatta come archeologa e studiosa di Morgantina. Le modalità inedite del recupero sono “la prova dell’altissimo valore della ricerca archeologica per la ricostruzione della storia antica ma anche di quella recente. Questa vicenda mi incoraggia ad andare avanti nel mio percorso professionale con ancora più passione ed entusiasmo e a tutelare e promuovere Morgantina più di prima. Spero – continua la Raffiotta – che, da parte di tutti, questa ennesima difficile conquista sia tenuta nella giusta considerazione e che si attuino degli interventi mirati e concreti per il rilancio del museo di Aidone”. In questo felice momento, in cui la retorica vuole che “tutto va bene madame la marchesa”, nessuno ha voluto guastare la festa parlando dei problemi in cui si dibatte il Museo di Aidone ed il sito di Morgantina, problemi purtroppo comuni a tutti i beni culturali siciliani; la direttrice Maniscalco, rivendicando l’apertura continuativa dei due siti fatta con grandi sacrifici, ha denunciato la carenza di personale che si accentuerà ancora di più prossimamente con il pensionamento di tre custodi. Chi ha orecchie per intendere…

Franca Ciantia

La Pallavolo Città di Nicosia chiude in scioltezza il girone ennese del campionato interprovinciale di prima divisione maschile di pallavolo organizzato dalla federvolley di Caltanissetta, battendo a Enna sabato scorso il Tarblitz di Enna, replicando il risultato dell’andata di 3-0 (con un triplice 25-19),  concludendo, in questo modo, la prima fase del campionato di Prima Divisione, con un brillante score di quattro vittorie per 3-0, senza lasciare set agli avversari incontrati fin qui. La partita di Enna ha confermato la solidità della squadra biancorossa che ha condotto tutto il match in vantaggio e controllando le sortite dei locali che mai hanno impensierito Lo Faro e compagni. Lo score fin qui ottenuto dai ragazzi nicosiani consente loro di posizionarsi quale prima nella speciale classifica avulsa fra le 9 che compongono i tre gironi provinciali, consentendo loro di partire, nella seconda fase, in una posizione di vantaggio che lascia ben sperare per il proseguo del campionato. Il tasso tecnico dei giocatori nicosiani si è ulteriormente elevato in quanto in settimana si sono aggregati due validi ragazzi quali Matteo D’Alessandro e Federico Scardino. La squadra è stata costituita dal nulla soltanto ad inizi ottobre, risorgendo dalle ceneri delle precedenti squadre pallavolistiche cittadine, per il diligente lavoro condotto dal duo Campione-Bruno che ha affidato la panchina al mister Corsale tesserando gli atleti che hanno creduto nel progetto sportivo della neodirigenza. Il sapiente lavoro di mister Franco Corsale, tornato ad allenare a Nicosia dopo diversi anni, ha quindi, dato i suoi frutti in quanto ha saputo creare un valido gruppo di giovani atleti formato soltanto da ragazzi di Nicosia. L’intero gruppo di ragazzi consente a mister Corsale di non partire mai con lo stesso sestetto iniziale in quanto tutti rappresentano sicure alternative che garantiscono validi avvicendamenti nel corso dei set. Fabio Bruno e Pier Luigi Campione non si fermano qui perché vogliono portare a compimento il progetto iniziato a fine estate magari con la promozione nel campionato di serie D. Gli stessi parlano già di risultati ampiamente positivi , non solo a livello sportivo ma anche umano . “Ripartire dalla Prima Divisione,-ci dicono- ha rappresentato uno stimolo per tutta la società: per la nuova dirigenza, per il mister, per i ragazzi, e per tutto l'ambiente che appare rigenerato dal nuovo corso. La neo dirigenza, con volti nuovi e nuovi propositi, ha intenzione di investire ancora su questo sport che fa parte della storia e della cultura e memoria sportiva di Nicosia. Obiettivi a medio e lungo termine di questa dirigenza sono la crescita di questo gruppo di atleti nonché la possibilità di offrire a tanti giovani e piccoli in erba di avvicinarsi a questo bellissimo sport, rilanciandolo nel panorama regionale.  “

Campionato di calcio a cinque serie C1. La Lubrisol Regalbuto vince e allunga il passo verso le dirette inseguitrici che invece perdono punti preziosi. Ora sono dieci i punti di vantaggio dalle seconde in classifica. Che la trasferta di Messina contro la Peloritana , squadra che gioca per uscire dalla zona retrocessione,fosse difficile era intuibile , e i ragazzi di mister Alfredo Paniccia l’hanno interpretata in due modi diametralmente opposti : primo tempo da dimenticare , sotto di una rete, nella ripresa nonostante i padroni di casa si portavano sul due a zero, superlativo , durante il quale hanno macinato gioco e non c’è stato nulla da fare per la Peloritana che prima viene raggiunta sul due pari , con le reti di Salvatore Capuano e Gaetano Campagna, e poi a due minuti dal fischio finale Gaetano Campagna sigla il gol del tre a due e regala la vittoria ai suoi compagni di squadra. Con questa vittoria la Lubrisol porta a dieci i punti di vantaggio sul Capaci e Mabbonath che hanno rispettivamente pareggiato a d Agira e sconfitti a Kamarina . “ Partita difficile – ci dice Paniccia –Il Messina si difendeva benissimo ma noi abbiamo avuto un atteggiamento poco attento durante tutto il primo tempo. Poi nel secondo abbiamo concesso poco agli avversari e i ragazzi sono riusciti a portare a casa un risultato prezioso. Però il campionato è ancora lungo e non dobbiamo sottovalutare nessuna squadra fino a quando la matematica non ci dirà che siamo in serie B, una promozione alla quale crediamo.” Regalbuto dunque sempre da sola al comando e va verso la quinta giornata di ritorno , sabato prossimo difatti ospiterà il Club Real futsal 2002 di Marsala .

Acqua bene comune , la notizia della decisione del Governo siciliano di non resistere all’impugnativa dello Stato per difendere la legge sull’acqua publica varata dall’Ars,ha suscitato scalpore anche negli ambienti politici regalbutesi e da qui l’emissione del comunicato del movimento cittadino “Regalbuto Riparte.“ Il fatto che la Regione non resisterà all’impugnativa di fronte alla Corte Costituzionale per difendere la legge sull’acqua pubblica, varata dall’Ars ,non solo ci rattrista ma è un palesemente tradire le speranze di milioni di siciliani . ” Il movimento cittadino “ Regalbuto Riparte” con un suo comunicato stampa sintetizza così la notizia apparsa sui quotidiani regionali subito dopo l’annuncio dato dall’assessore Contraffatto in commissione Ambiente. “ E’ la conferma – secondo il segretario del movimento Gaetano Messina – che in Sicilia non c’è la volontà politica di dare regole certe al settore dell’acqua per debellare lo strapotere di privati che controlla l’intero sistema.  Da Regalbuto , nel nostro piccolo, - continua Messina . chiediamo ai politici ennesi di intervenire per non vanificare le speranze di coloro che a maggioranza hanno votato il referendum per l’acqua pubblica. L’acqua secondo noi deve ritornare in mano ai cittadini perché è un nostro diritto. L’acqua negli ultimi dieci anni ha subito aumenti sconsiderati oltre il tasso di inflazione e purtroppo la nostra ex provincia batte il record di aumenti senza voler parlare delle cosiddette “partite pregresse” oggi vero balzello per gli utenti ennesi. E’ necessario – conclude Messina – che ci sia la mobilitazione di tutti e soprattutto che si prenda coscienza sulla gravità della decisione del Governo siciliano e dell’intera maggioranza che lo sostiene per non dimenticare.”  

 

Alfredo Paniccia è l’allenatore del momento nel campionato di C1 di calcio a cinque. A Regalbuto ha rivitalizzato l’entusiamo di tutto l’ambiente calcistico e non solo perché la Lubrisol è in testa da sola al comando della classifica . Paniccia da Colleferro lavora da sei anni per la “Juventus Soccer School” nei campi scuola italiani.Dal 2013 è stato promosso alla funzione di “Head coach” e cioè colui il quale, durante la stagione, visita le Juventus Academy di tutta Italia per formare allenatori e bambini,ed è stato promosso da “tecnico” a “responsabile dei tecnici” presso lo “Juventus Summer Camp” al Sestriere (To). Dalla stagione in corso allena Lubrisol Regalbuto. Lo abbiamo incontrato e ne sono nate alcune domande.

Come è stata l’accoglienza dei tifosi regalbutesi ?

L'accoglienza della gente regalbutese è stata magnifica. Conoscevo già questo ambiente ma non ricordavo tanta accoglienza e familiarità. La società è una delle migliori che si possano trovare sul panorama nazionale. Ho sempre pensato che la forza di una grande società non risiede nel capitale economico ma in quello umano. Il presidente Contino può contare su uno staff dirigenziale di altissimo profilo. Questo ambiente sereno e professionale sta permettendo un successo aldilà di ogni aspettativa. 

Siete già in serie B ?

Il campionato dice che al momento siamo primi con grande merito. I miei ragazzi stanno facendo un percorso straordinario . E' dalla prima intervista stagionale che sto dicendo a chiare lettere che ho un gruppo di ragazzi interessantissimi. Avevano bisogno, dopo un campionato molto deludente, di trovare fiducia in loro stessi, il resto è farina del loro sacco, delle volte basta essere consapevoli del proprio valore per spiccare un volo a tutti inaspettato. Abbiamo sette punti di vantaggio che sono un ottimo bottino, il campionato però è ancora lungo e noi dobbiamo affrontare ogni avversario con la consapevolezza che vorrà battere una grande squadra, perchè noi lo siamo diventati. Il progetto futuro è quello di partecipare al prossimo campionato di serie B, continuare ad investire sui giovani locali. Loro sono il frutto di tanti anni di duro lavoro di questa società. E' arrivato il momento di mostrarlo anche a livello nazionale...

La tua passione , il calcio.

Io sono un allenatore che ama moltissimo lavorare con i giovani perchè in loro riesco a rispecchiare il mio carattere di eterno " sognatore" . Vivo il mio lavoro come una gioia e ringrazio Dio e la mia famiglia che hanno permesso di realizzare un sogno... Sono molto pignolo in campo, nello tesso tempo adoro avere allenamenti sereni e pieni di momenti ludici. Io non sono mai stato un calciatore professionista, per me il calcio giocato è stato  l'oratorio con gli amici laziali e romanisti... non posso che viverlo con gioia.

2014-02-01 L’Osservatore Romano

Buttati giù dal letto tutti corrono per strada. Ancora è notte fonda. Indossano la sola camicia e la papalina. Uomini e donne, bambini e vecchine, stanno col cero in mano e sciamano ovunque. Anche il vescovo è con loro. E poi il sindaco.

Ecco, Agata. Sacra ancor prima che santa. Catania la venera e il presagio delle sue virtù comincia già dal 246, anno della sua nascita, imperante Decio, al tempo di Quinziano. Proconsole di Roma, Quinziano fu l’uomo che le rivolse — mai ricambiato — l’amore e il desiderio carnale fino ad affidarla alla lascivia di due gran dame e di Afrodisia, una cortigiana, affinché ne corrompessero le virtù, ma invano. Questo amore mai corrisposto lo raccontò in una tragedia Antonio Aniante. Quinziano, appunto. Un’opera degli anni Trenta, un innesto d’avanguardia nel solido ceppo dell’agiografia affidata a Turi Giordano, un attore.

Piero della Francesca, «Sant’Agata» (XV secolo)

Ecco, Agata. Ragazza di grande educazione, coltivata secondo i costumi dell’aristocrazia che la seguì fin tra le braci della tortura per sostenerne il respiro e farle proclamare, al modo di un hidalgo, «io non sono solo libera di nascita ma provengo da alto lignaggio».

Vestita di solida ricchezza parlò innanzi alle autorità del palazzo pretorio. E, con la consapevolezza del proprio rango, aggiunse: «Così come a tutti voi è noto essendo qui presente tutta la mia nobile parentela».

Agata il cui nome è tra i più antichi nel martirologio della Chiesa ortodossa e di Santa Romana Chiesa ebbe a patire il tormento mentre una mano, pietosa, ne protesse il pudore coprendola con un velo che ancora oggi — nel 2014 — riesce a placare la fornace di Etna, sempre pronta a inghiottire la città. Nel 252, un anno dopo la morte (che avvenne il 5 febbraio, la data in cui la celebriamo), dal cratere del vulcano traboccò la lava fino a farsi largo tra le case. Fu quel velo a fermarne la corsa. Lo stesso miracolo si ripetè nel 1886. Si aprì nel cono una nuova bocca e lava precipitò cercando facile via nella discesa.

Era il 24 maggio e il cardinale Dusmet saliva da Catania in processione, lungo la stessa traiettoria. Aveva con sé il velo e tutta quella morte rovente ebbe a fermarsi contro ogni legge di gravità e lì si spense. Un altare, ancora oggi, lo ricorda. Condotto in processione, il velo protesse il popolo dal tremendo terremoto del 1169. E così dalla peste, dalla furia saracena che solo nella costa catanese — temendo di offendere Agata — fermò le stragi e i saccheggi; Federico ii di Svevia, pronto a mettere a ferro e fuoco Catania, acconsentì che venisse celebrata un’ultima messa in onore di Agata, presenziò egli stesso ma — leggenda vuole — sul suo breviario ebbe a leggere un monito e la risparmiò. Noli offendere patriam Agathae quia ultrix iniuriarum est.

Non si è mai dato un istante in cui Catania sia stata orba di Agata e quando gli americani, dalle loro fortezze aeree, nel luglio del 1943 bombardarono minuziosamente ogni angolo, perfino gli ospedali, ebbero a trovare come unico scudo, messo a far da contraerea, quel velo. E fu quel velo che seppe poi tenerli lontani e fu così che le sacre, più che sante, reliquie non diventarono allora maceria tra le macerie.

Agata il cui segnacolo è un’autorità regale chiama a sé gli angeli e il blu dei cieli per attestare l’unicità di Dio. Santa protettrice di Palermo che la onora ai Quattro Canti, il vertice dei quattro quartieri della felicissima caput regni et sedes regis, dunque accanto ai quattro re e alle altre sante — Cristina, Ninfa e Oliva — Agata è patrona di Catania che diventa magma ai suoi piedi.

Tutti sono buttati giù dal letto e tutto quello squagliare di fuoco — ciascuno con la candela — trasforma le strade, da nere che sono, scure di pietra lavica, in un impasto di chiarore e devozione. Più sacra che santa, Agata di Catania fa propri gli attributi di Iside, la divinità remota del Mediterraneo sacro. La religione è propriamente re-ligere, il legare insieme il tempo e i luoghi, le anime e l’eterno.

Ecco, Agata. È vergine e martire. Bella di ogni bellezza — nel culto tributatole ancora quale patrona etnea, di Galatea, di Gallipoli, di Malta e della libera Repubblica di San Marino — Agata conferma tutto ciò che la dea votata alla fede in Horus, il Rinato, ha già profuso nei millenni: fare uguale il potere delle donne e degli uomini. E fare della luna un vivo sole, fare dell’affanno una consolazione e così trasformare la tomba in un infinito sublime dove l’ex voto di un bambino scampato a un cancro fulminante convive col bisogno — per un padre di famiglia — di vedere stabilizzato il proprio contratto di precario presso la Regione siciliana.

Tutto uno scambio di preghiera e misericordia tangibile già agli angoli, di fronte al mare, dove tutti — vestiti nel sacco della notte, con il cappelluccio nero in testa — nella edificazione delle edicole votive e poi nell’uscire per strada, invocandone la presenza, replicano la chiamata del 17 agosto 1126 quando Gilberto e Goselmo, due soldati, riuscirono a riportare le carni di Agata trafugate a Costantinopoli nel 1040.

Tutto si ripete e l’intera municipalità è in pigiama, insomma: i cittadini tutti accorrono alla notizia. Pure i mafiosi. Ma questi l’aspettano per farsene vanto, costringono il fercolo a una sosta sotto il balcone della loro casa. Accade che la notte del 4 febbraio 1993, nei pressi di via Plebiscito, un malacarne volle fermare per proprio orgoglio una delle dodici candelore e così magnificare l’istante di presenza di Agata. Solo che padre Alfio Spampinato, cappellano militare della Folgore, nell’amministrare una benedizione con tanto di segno di croce assestò un ceffone sul volto del prepotente per farlo inginocchiare e lasciare camminare i devoti, liberi finalmente di pagare pegno alla prepotenza e proseguire, tra ceri e cori, nella festa agatina.

Tutto uno scambio di mondi e di epoche, ancora oggi. Nel trionfo del suo simulacro, florido di vita, nell’orgoglio del seno Iside portava conforto alle genti. Dalle sabbie d’Egitto fino al tempio eretto in suo onore dalle vergini di Benevento, sotto Diocleziano, Iside — condotta in trionfo — faceva pappa del suo stesso corpo mistico nel segno della dolcezza di un seno moltiplicato nella felicità di dare vita. Come dà vita quell’idea di gastronomia diventata poi, con Giuseppina Torregrossa, Il Cunto delle Minne: i pasticcini di Catania, fatti a forma di seni, con i capezzoli di marzapane. Quelli che vengono regalati dalle nonne alle ragazze. E sempre due di due. Iside abitò il culto di Demetra, quindi ebbe trasfigurazione nella Vergine — ebbe l’infante tra le braccia — e così Agata, come l’archetipo, è resa sovrana da san Pietro che la visitò in carcere per recarle conforto prima che le venissero estirpate le mammelle.

Incoronata, Agata è assisa nella gloria della fede in Cristo, il Risorto, e perciò procuratrice per i devoti di copiose benedizioni e intercessioni presso Iddio, il termine ultimo di un dominio dove quelle stesse maree, i sommovimenti della crosta terrestre e, non ultimi, gli incubi, vengono capovolti in sogni; in declivi sovrabbondanti di ginestre — quella terra, come quando le piante bucano la pietra — e poi ancora in fragrante schiuma il cui rumoreggiare, nelle onde, ripete la preghiera di Agata.

Giornalista e scrittore, Pietrangelo Buttafuoco (Catania, 1963) scrive per «Il Foglio» e «la Repubblica». Tra i suoi libri, Le uova del drago (2005), L’ultima del diavolo (2008), Il lupo e la luna (2011), Fuochi (2012), Il dolore pazzo dell’amore (2013).