Sabato 2 aprile 2016 ore 17,30 nella sala Paolo VI di Regalbuto il movimento Regalbuto Riparte ha organizzato una assemblea cittadina per chiarire alcuni aspetti sulle somme non dovute ad Acquaenna.Per l’occasione interverranno il delegato di Assoconsumatori di Enna Pippo Bruno e gli avvocati dell'associazione che informeranno riguardo gli arbitrari addebiti in bolletta da parte di Acquaenna. “ Questo incontro – chiarisce il segretario del movimento Gaetano Messina – rientra nel programma delle assemblee aperte che il nostro movimento civico ha dedicato a quei cittadini che vogliono intraprendere il cammino verso la definitiva rottura con un modo di governare che fino ad ora ha ridotto la nostra città ad un villaggio dormitorio aggravato da una richiesta continua di tasse che disorientano e mettono in difficoltà le nostre famiglie. In questo abbiamo inquadrato il problema dell’acqua che per noi è e deve essere pubblica perché è un bene primario per i cittadini e le famiglie vessati da continui aumenti in bolletta e richieste di somme non dovute, come del resto dimostrano le sentenze dei tribunali. “

Proviamo anche noi a tingerci di blu per prepararci a celebrare la giornata mondiale dell'autismo 2016 .

di Lea Melandri

Perché, mi chiedeva Rossana Rossanda, in uno degli ultimi incontri che abbiamo avuto in Italia, le donne oggi presenti in gran numero nella vita pubblica non riescono a cambiarla, perché il femminismo non è riuscito a generalizzare la sua cultura? È la stessa domanda che ci fece alla fine degli anni Settanta e che torna ancora oggi di sconfortante attualità.

Sono tentata di elencare, come faccio ormai da tempo, le difficoltà e gli ostacoli, esterni ed interni, che ha incontrato il movimento delle donne: la resistenza degli uomini ad abbandonare poteri e ruoli che considerano “connaturati” al loro sesso, e a cui fa da copertura più o meno consapevole la “neutralità”; l’intuizione, sia pure oscura e tenuta timorosamente a bada dalla sinistra, che mettere a tema la questione uomo-donna, come ricordava Pietro Ingrao già trent’anni fa,

“comporta affrontare punti di fondo dell’origine della società in generale, investire caratteri e dimensioni dello sviluppo, occupazione, qualità e organizzazione del lavoro, fino allo stesso senso del lavoro; incidere sulle forme di riproduzione della società, sul modo di concepire la sessualità, i rapporti di coppia, forme e natura dell’assistenza” (Rossana Rossanda, Le altre, Feltrinelli 1989).

È questa “rivoluzione” dell’ordine esistente – e quindi non solo la lotta contro governi conservatori, politici corrotti e antidemocratici – che spaventa? Sono le angosce profonde, le insicurezze insopportabili di chi vede comparire nell’autonomia di pensiero delle donne lo spettro di una rimossa inermità e dipendenza infantile dal corpo che l’ha generato?

Qualunque siano le ragioni e le forme che ha preso nel tempo la misoginia maschile, diffusa a destra come a sinistra, tra politici e intellettuali, capitalisti e lavoratori, nativi e migranti, l’interrogativo che più inquieta resta quello che riguarda le donne stesse, la loro rabbiosa acquiescenza, l’adattamento a ruoli tradizionali di ancelle o cortigiane, il profluvio di discorsi lamentosi sui famigliari da accudire, sulle carriere interrotte, sui meriti calpestati, sul doppio e triplo fardello di chi si trova oggi a far da ponte tra privato e pubblico.

don

Se la bontà come virtù ha perso smalto, non si può dire lo stesso perl’imperativo che vuole le donne “brave e belle”. Non è forse questa l’immagine femminile che ci viene offerta indistintamente dagli schermi televisivi e dalla scena politica? Se non sono corpi-sfondo-cornice, esposti come specchi per le allodole anche in trasmissioni di carattere culturale, sono le diligenti segretarie che filtrano le mail e a cui il conduttore rivolge di tanto in tanto paterni sguardi, chiamandole confidenzialmente per nome. Oppure sono loro stesse conduttrici, preferibilmente di bella presenza, preparate, impeccabili, attente e pazienti nell’ascolto come nella mediazione, in quell’arena di oratori scalmanati che sono ormai i dibattiti televisivi.

A quarant’anni dalla nascita del neofemminismo, che ha messo in discussione in modo radicale il modello maschile di società – a partire dalla divisione tra privato e pubblico, identificata col diverso destino di un sesso e dell’altro -, non si può dire che manchino una cultura e pratiche politiche portatrici di questa consapevolezza e responsabilità nuove. Quello che qualcuno ha chiamato sprezzantemente “piccoli cenacoli autoreferenziali”, residui di una “vecchia guardia” femminista preoccupata di mantenere la propria “egemonia, sono le centinaia di associazioni, gruppi, centri di documentazioni, biblioteche, librerie, case editrici, collettivi, case delle donne, centri antiviolenza, riviste, ecc., che hanno resistito finora all’arrogante messa sotto silenzio e marginalizzazione da parte della cultura dominante, custodi di un patrimonio di sapere che potrebbe dare risposte adeguate agli interrogativi del presente: personalizzazione della politica, populismo, razzismo, omofobia, trionfo della merce, esaurimento delle risorse naturali, crisi di un modello di sviluppo.

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L’indignazione per le donne-oggetto, per lo scambio sesso-carriere, per la prostituzione trattata come opportunità di emancipazione femminile, ha portato anni fa un milione di donne e uomini nelle piazze. Come mai allora tanto silenzio sulla cancellazione dell’intelligenza che ha saputo negli anni costruire un’immagine del maschile e del femminile fuori dagli stereotipi di genere, un’idea di individuo “intero”, né solo corpo né solo mente, la prospettiva di una collettività responsabile della conservazione della vita, di quello che è rimasto finora destino di un sesso solo?

Non c’è bisogno di richiamare l’attenzione, come abbiamo fatto tante volte, sui grandi eventi culturali – la Fiera del libro di Torino, il convegno annuale dei filosofi di Modena, ecc.- dove i libri e le riviste del femminismo sono pressoché assenti.

Nel suo delirante ma lucidissimo sessismo, Otto Weininger ebbe almeno il coraggio di scrivere che “si può ben pretendere l’equiparazione giuridica dell’uomo e della
donna senza perciò credere nella loro eguaglianza morale e intellettuale”.
Non mi sembra che, a oltre un secolo di distanza, si sia andati molto oltre.

tratto da http://comune-info.net/2016/03/chi-ha-paura-della-cultura-femminista/

Accorpare i Comuni con popolazione fino a 5000 abitanti sarebbe un vero e proprio oltraggio alla storia e alle tradizioni che hanno caratterizzato e caratterizzano, ancora oggi, le diverse identità territoriali e rischierebbe di compromettere il valore derivante dalle diverse specificità culturali che costituiscono una delle principali ricchezze della Sicilia” ha dichiarato Leoluca Orlando, presidente di Anci Sicilia intervenendo in merito alle proposte tornate a circolare nei mesi scorsi e finalizzate all’accorpamento o cancellazione dei piccoli comuni.
“L’idea, più volte riproposta in ambito nazionale e regionale, di incidere sull’assetto di governo del territorio attraverso la cancellazione o l’accorpamento di comuni, siano essi con meno di 5.000 o con meno di 10.000 abitanti – continua Orlando congiuntamente al Segretario Generale dell’Associazione dei Comuni siciliani – è il frutto di una visione semplicistica di ‘ingegneria legislativa’ che non coglie le tante specificità territoriali che vanno ben oltre la dimensione demografica di una comunità. Per ottenere risparmi alla spesa della pubblica amministrazione locale e per garantire la qualità e l’efficienza dei servizi erogati al cittadino non basta fissare, con un colpo di penna, rigidi limiti di carattere legislativo, ma occorre occuparsi concretamente di come incentivare, al di la del numero di comuni, gestioni associate di servizi tra i diversi enti. Se il quadro di riferimento finanziario e normativo, nazionale e regionale, rimane immutato il problema sarà quello di trovare cittadini che scelgano di candidarsi ed assumersi i grandissimi oneri derivanti dalle tante responsabilità di cui oggi devono rispondere gli amministratori locali. Ogni scelta che incide sull’aspetto di governo del territorio non può essere imposta dall’alto, ma deve essere necessariamente condivisa da quelle autonomie locali, che in base All’art. 5 della Costituzione, la Repubblica “riconosce e promuove” e che sono capaci di garantire quotidianamente servizi ai cittadini”.
“Per garantire una maggiore efficienza dei servizi le strade da perseguire sono altre, sono state in più occasioni ribadite dall’Anci e vanno – conclude Alvano – nella direzione degli incentivi alle gestioni associate tra comuni, da realizzare attraverso unioni e convenzioni e mediante processi volontari di fusione, che prescindano da qualsivoglia quantificazione di carattere demografico”.

PASQUA 2016

Marzo 26, 2016

Lodevole l'impegno ma non basta. Si può commentare in questo modo lo sprezzante giudizio dato lunedì scorso dai sindaci presenti all'assemblea dei soci di Ennaeuno alla proposta portata del rappresentante legale di Ennaeuno Antonino Di Mauro e preparata in un incontro con i sindacati sulla riduzione del costo del lavoro.Ma le parti sociali rimangono ferme sui loro passi nel no a far fare ai lavoratori ulteriori modifiche ad un piano che a loro avviso è già molto pesante per i lavoratori. Infatti il piano redatto da Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Fiadel prevede un taglio secco di poco più di 3 milioni e 200 mila euro sul personale su un costo complessivo del servizio di non meno di 26 milioni di euro.E la riduzione sia dello stipendio lordo che delle ore lavorative sarebbe del 5 per cento per personale operativo, del 20 per tecnici amministrativi e del 30 per le figure apicali. La “sforbiciata” interesserebbe circa 270 dipendenti, tutti quelli full time sui circa 430 complessivi. Tutto ciò però dovrebbe passare da un accordo per l'applicazione dei contratti di solidarietà che darebbero la possibilità di recuperare una parte dei soldi persi. Ma a quanto pare tutto ciò ai sindaci non è bastato.

DAL GIORNALE DI SICILIA 

Sì è svolta domenica 20 marzo a Triscina di Castelvetrano la Terza gara del Campionato Rok Sicilia.
Altissime le aspettative per il piccolo regalbutese che sin dal sabato aveva promesso un regalo per la festa del suo Papà.Dopo le prove libere, si è proceduto con lo svolgimento delle qualifiche ufficiali durante le quali Giacomo 49 faceva registrare il secondo tempo dietro ad un inarrivabile Monaco e riuscendo a mettere in riga piloti con molta più esperienza. Scattava così il semaforo verde della prima gara, ma la batteria del Kart numero 49 non funzionava a dovere e costringeva il piccolo pilota a partire quando il resto degli avversari aveva percorso quasi un giro. Nonostante l'enorme svantaggio accumulato, Giacomo continuava spedito ad inseguire, riuscendo prima della bandiera a scacchi a riacciuffare la quinta posizione a pochissima distanza dalla quarta facendo registrare ancora una volta il secondo miglior tempo.Durante la pausa tra la prima e la seconda gara, saliva  altissimo il livello di tensione all'interno del box per un occasione sprecata, ma il regalbutese, consigliato a dovere dal suo Team principal Maurizio Capuzzo, preparava l'attacco per la seconda finale. In griglia Pellegrino si presentava freddo e impassibile, concentrato al massimo e determinato a fare bene. Scatto fulmineo dal semaforo ed un sorpasso durante il primo giro, poi ancora tre sorpassi senza commettere nessun errore e la sua seconda posizione era riacciuffata. Agguerriti Macaluso e Licari hanno impensierito più volte Pellegrino nella lotta per il podio, ma la bandiera a scacchi lo vedeva transitare in seconda posizione con le braccia alzate in cielo a pochissimi secondi di distanza dal leader. "È stata una battaglia durissima, dedico questo ottimo risultato a mia mamma e mio papà e ringrazio pubblicamente Maurizio Capuzzo per il lavoro svolto nei box", con queste parole l'alfiere della CM Motorsport commentava nell'intervista dopo gara. L'appuntamento per la quarta gara è adesso al 10 aprile, ancora nel Kartodromo Internazionale di Triscina.

Alice Bonina ,29 anni, laureata in lingue assieme al cugino Giuseppe Bonina, due giovani come tanti che non hanno voglia di lasciare la propria terra,così hanno avuto l’idea di dar vita al parco avventura, uno dei più grandi della Sicilia.” E’ nata dall’esperienza del mio socio nel settore dell’anticaduta e dell’antinfortunistica – ci dice Alice - Ma è stata soprattutto la volontà di creare qualcosa nel nostro territorio, nonostante il periodo economico non proprio favorevole e nonostante tutti gli ostacoli e le difficoltà burocratiche, che ci ha portati a dar vita ad un'attività a contatto con la natura e a basso impatto ambientale, in una cornice unica come quella del nostro lago Pozzillo, utilizzando quindi niente di meno che le risorse che la natura ci offre, nel pieno rispetto della stessa.” “ I nostri principali obiettivi –continua Alice Bonina - promuovere un modo nuovo e sostenibile di divertirsi attraverso l'avventura, il gioco, lo sport “al naturale” - riscoprire il territorio e la bellezza della natura, sviluppando una nuova cultura dell'ambiente e promuovendo il rispetto di ciò che ci circonda - praticare una nuova forma di turismo, verde ed eco-compatibile. Le attrazioni sono pensate per ragazzi e adulti ma anche e soprattutto per i bambini a partire dai tre anni, grazie a dei sistemi di sicurezza innovativi. Il Parco Avventura è costituito da una serie di percorsi acrobatici in altezza, ossia strutture sospese tra gli alberi, realizzate con piattaforme in legno posizionate a diverse altezze e collegate tra loro da ponti tibetani, nepalesi, passerelle di tronchetti, liane, reti, tirolesi ed altri elementi, realizzati in legno trattato in autoclave secondo norma, corde e cavi d’acciaio. Tali percorsi permettono di provare emozioni ed adrenalina divertendosi in modo naturale e sicuro, mettendo alla prova l'equilibrio, la velocità, la capacità di superare gli ostacoli, la coordinazione, lo spirito d’avventura e talvolta anche una certa forza fisica.” Lasciamo Alice al suo lavoro – già pensa difatti all’arrivo della prossima stagione primavera/estate quando cioè aumentano i visitatori del Lago Pozzillo e la gente di Regalbuto si riversa negli impianti sportivi del piano Arena o per fare una semplice passeggiata. Due giovani che hanno deciso di investire e scommettere nel proprio territorio.

Quella che si svolta sabato scorso al palasport di Regalbuto a detta di molti forse è stata la partita più convincente della formazione femminile dell’apd Amèselon volley . Una partita che vedeva opposte Ilenia Bivone e compagne al Csi Caltagirone , prima in classifica. Ma era anche una partita delicata per la classifica perché il Caltagirone vincendo avrebbe conquistato la promozione in serie D e così è stato , anche se alla fine dirigenti e giocatrici ospiti hanno tirato un sospiro di sollievo perché hanno dovuto sudare per superare l’attenta difesa delle padroni di casa. Primo set senza storia per Caltagirone e primo set deludente per la formazione del presidente Bonina perso per 25 a 12. Nel secondo e terzo set , grazie soprattutto ai cambi tecnici e all’attenta difesa le ragazze di Amèselon sono riuscite a mettere in serie difficoltà l’attacco avversario punto su punto grazie al muro di Nerea Calcerano e agli attacchi di una ritrovata Erica Smirne Miletti , ma soprattutto era tutta la squadra che ha reagito con la difesa del libero Debora Bivona che inizia a prendere confidenza con il campo di gioco. Ne hanno tratto vantaggio gli attaccanti e sia Letizia Stancanelli che Ilenia Bivona e Francesca Centamore in più occasioni sono riusciti a mettere in difficoltà le avversarie. Pur non di meno il sestetto di Caltagirone è riuscito a chiudere i set sul punteggio di 25 a 22 e infine sul 25 a 23 ottenuto dopo lo sfortunato servizio in rete di Martina Politi sul 23 pari. Da registrare infine l’ennesimo infortunio dell’alzatrice Noemi Lombardo la quale durante il riscaldamento ha sentito dolore ad una spalla e dunque sono mancati i suoi micidiali servizi che forse sarebbero serviti durante i set. Ottima prova invece dell’alzatrice Gabriela Di Maggio e da registrare infine l’esordio di Carmela Giunta che ha ripreso a giocare dopo parecchio tempo e ha iniziato a riprendere confidenza col il gioco.

Giaceva in Parlamento dal 2007. E i movimenti per l’acqua pubblica avevano fatto più volte pressione su deputati e senatori affinché lo prendessero in esame. Parliamo del disegno di legge di iniziativa popolare sulla pubblicizzazione della gestione dell’acqua fatto proprio dall’intergruppo parlamentare composto da deputati Pd, Sel e M5s. Il testo in questione prevede all’articolo 6 l’affidamento del servizio idrico esclusivamente a enti di diritto pubblico controllati dallo Stato.
Oggi però l’aula di Montecitorio ha approvato due emendamenti presentati da deputati Dem con l’effetto di abolire proprio l’articolo 6: la gestione non sarà più obbligatoriamente pubblica, ma lo sarà soltanto «in via prioritaria». I deputati Cinquestelle e quelli di Sinistra Italiana hanno protestato contro «l’arroganza della maggioranza» e Federica Daga ha ritirato la propria firma al disegno di legge lanciando l’hashtag #lacquanonsivende. Che il governo non avesse alcuna intenzione di assecondare la volontà politica espressa con il voto referendario del 2011 era già emersa con il decreto Sblocca Italia del 2014, il cui mantra è concentrare la gestione in mano a pochi soggetti (un gestore unico che già offra il servizio ad almeno un quarto della popolazione di ciascun Ambito territoriale) e per forza di cose molto strutturati (leggasi multinazionali e grandi multiutility).
Altro che “fuori il profitto dalla gestione dell’acqua”, come recita uno slogan dei comitati. Questi ultimi ricordano il richiamo del presidente del Consiglio all’epoca del voto referendario: «Niente giochini come in passato per far finta di nulla» aveva detto l’allora sindaco di Firenze Matteo Renzi. E in un certo senso ha mantenuto l’impegno: non ha fatto finta di nulla, ha direttamente fatto un’inversione a U cancellando la volontà popolare.