Il nuovo Dpcm è stato firmato. La Sicilia per ora è in zona verde , ciò significa che da noi le restrizioni sono più leggere rispetto ad altre Regioni che sono in zona arancione o peggio rossa. Proprio per questa ragione quelle che seguiranno saranno settimane difficili, alla luce dell'impennata dei casi positivi che si sono registrati nel nostro paese - ben 62 . Ma oggi più che mai è necessario che ognuno faccia la propria parte. L'appello del Sindaco Francesco Bivona , lanciato sui social, appena dimesso dall'ospedale dopo un lungo e doloroso ricovero - va proprio in questo senso . Nel senso che bisogna essere prudenti , che bisogna cambiare ancor di più le nostre vite.Se non cambieremo il nostro modo di vivere, se non faremo tutti la nostra parte, persino queste misure non avranno l’effetto sperato. La prima cosa da fare è quella di non organizziamo serate in casa con amici e parenti! Iil superfluo va tagliato. La nostra vita dovrà limitarsi all’essenziale: lavoro, scuola, relazioni affettive strette. La cosa che funziona contro questo virus è limitare il numero di persone che incontriamo nelle nostre giornate. Dobbiamo restringere il cerchio delle nostre relazioni, personali e professionali. Tutto ciò lo dobbiamo fare pe rnoi stessi , per le nostre famiglie , per l'intera comunità , non solo territoriale , per la nostra economia. Se contribuiamo a mantenere la Sicilia in zona verde anche la nostra economia interna all'isola avrà minore conseguenze. E' dunque il momento , oggi più che mai , delle responsabilità affidata a ognuno di noi. Facciamo tutti la nostra parte. Lo abbiamo già dimostrato.

AgoVit

A tarda notte il premier Giuseppe Conte ha firmato il Dpcm che sarà in vigore da domani fino al 3 dicembre.Un Dpcm che arriva dopo una lunghissima notte di confronto con le Regioni. Alla fine si è deciso di istituire tre fasce di rischio di contagio e dunque sulla linea delle chiusure differenziate. 21 parametri per classificare il livello di rischio di una Regione non cambiano, così come l'impianto delle chiusure. Barbieri e parrucchieri resteranno aperti anche nelle zone "rosse" . Coprifuoco dalle 22 . La situazione in Sicilia è in bilico fra il livello verde di rischio, quello comune alla maggior parte delle aree del Paese, e quello arancione dell'alto rischio. L’ultimo caso avrebbe come primo effetto la chiusura totale di bar e ristoranti, che invece fino a ora possono stare aperti fino alle 18. 

PALERMO (ITALPRESS) – Trenta milioni di euro a beneficio degli agricoltori delle aree interne, delle zone montane e svantaggiate della Sicilia che, a causa della crisi derivante dal Covid – 19, sono state maggiormente colpite. Lo prevede una rimodulazione finanziaria del Programma di sviluppo rurale Sicilia 2014-2020, proposta dell’assessorato regionale dell’Agricoltura, che ha consentito di spostare risorse da Misure che, allo stato attuale, non sarebbero state spese entro l’anno a favore degli agricoltori siciliani che producono qualità ed eccellenze, colpiti da una notevole crisi del fatturato.
“Una boccata d’ossigeno – evidenzia il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci – per oltre tredicimila aziende dell’Isola che ricadono nelle zone interne dell’Isola, come l’Etna, le Madonie, i Nebrodi, e gli Iblei, che producono qualità ed eccellenze (formaggi, carne, miele, nocciole, pistacchi)”.
“Il governo Musumeci – aggiunge l’assessore per l’Agricoltura, Edy Bandiera – ha saputo ascoltare le esigenze delle categorie, destinando risorse laddove la crisi ha generato maggiori difficoltà. La crisi della ristorazione e del turismo, indotta dalle chiusure legate al Covid, è il fatto più pregiudizievole per l’economia agroalimentare della Sicilia, poichè rappresenta la parte più considerevole di fatturato delle produzioni agricole tipiche, delle cantine siciliane e di tutti i produttori del cibo di qualità, recuperato anche grazie all’attenzione della ristorazione”.
La recessione economica causa una riduzione della domanda di prodotti agricoli di qualità e uno spostamento della domanda verso prodotti più economici. Il sostegno per gli agricoltori sarà mediamente il 50 per cento in più di quanto ricevuto nel 2019, fanno sapere dalla Regione. In totale 30 milioni di euro a 13.151 aziende beneficiarie, distribuite su tutto il territorio regionale.
(ITALPRESS).

AGI - Con la crisi dovuta al Coronavirus, a rimetterci, sono state soprattutto le donne. Il primo bilancio, ancora del tutto parziale, degli effetti che il lockdown primaverile ha avuto sul mercato del lavoro contabilizza, infatti, tra secondo trimestre 2019 e 2020, 470 mila occupate in meno, per un calo nell'anno del 4,7%. Su 100 posti di lavoro persi (in tutto 841 mila), quelli femminili rappresentano il 55,9%; al confronto, l'occupazione maschile ha dato prova di maggior tenuta, registrando un decremento del 2,7% (371 mila occupati).

 E' quanto emerge dal focus "Ripartire dalla risorsa donna" della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro. A segnare la maggiore contrazione è stata la componente di lavoro a termine, che ha registrato 327 mila lavoratrici in meno per un calo del 22,7%. Ma anche per le autonome il bilancio è fortemente negativo, con un decremento del 5,1%. Si tratta di un dato ancora provvisorio che dovrà essere rivisto alla luce della fine del blocco dei licenziamenti e delle conseguenze che questa avrà sull'occupazione a tempo indeterminato, finora salvaguardata dalle misure adottate dal Governo.

A pagare il conto più alto sono i servizi

Ma l'impatto differenziato tra uomini e donne che la crisi ha avuto nei primi mesi dell'anno già suona come un campanello d'allarme sugli effetti che ne potrebbero derivare per l'occupazione femminile, soprattutto alla luce dell'emergenza sanitaria che sta riesplodendo nelle sue forme piu' drammatiche. L'elevata incidenza delle donne nei settori che più sono stati interessati dalla crisi ha contributo in modo determinante a produrre un saldo così negativo.

L'industria, dove il lavoro maschile è prevalente, ha per ora retto di più, mentre sono stati soprattutto i servizi, tradizionale bacino di impiego femminile, a pagare il costo più caro: è il caso del sistema ricettivo e ristorativo, dove le donne rappresentano il 50,6% dell'occupazione, e dei servizi di assistenza domestica, dove il lavoro femminile arriva all'88,1%. Entrambi hanno contribuito in maniera decisiva al negativo saldo occupazionale, determinando il 44,2% delle perdite complessive dei posti di lavoro, e ben il 51% con riferimento a quelli femminili.

Il lavoro flessibile espone le donne a rischio espulsione dal mercato

Anche l'elevato coinvolgimento in modalità di lavoro flessibile, sia in termini contrattuali che temporali, ha esposto le lavoratrici a un rischio più elevato di espulsione dal mercato. Il lavoro part time, che prima della crisi risultava la modalità di impiego del 33% delle lavoratrici e solo dell'8,8% degli uomini, ha subito una contrazione del 7,4%. Ma anche il lavoro a termine, letteralmente falcidiato dal lockdown, risultava più presente tra le donne che tra gli uomini (14,4% contro il 12,2%).

Se la contabilizzazione dei posti persi rende, nei numeri, immediatamente visibile l'impatto che l'emergenza Covid-19 già sta avendo sul lavoro delle donne, vi è un secondo e ancora più preoccupante effetto che potrebbe derivarne, ovvero la possibilità che molte riducano il proprio investimento sul lavoro, fino alla scelta radicale di abbandonarlo, anche per via delle nuove restrizioni degli ultimi giorni relative a determinate attività o delle chiusure scolastiche imposte da alcune regioni in modo più stringente rispetto al livello nazionale (si pensi alla chiusura di alcuni livelli scolastici e all'impiego femminile che ne consegue in casa). 

Sovraccarico famigliare e professionale senza precedenti

L'esperienza vissuta durante i mesi di chiusura primaverile ha visto le donne gestire un sovraccarico di lavoro, famigliare e professionale, senza precedenti. Da un lato, sono state più degli uomini impegnate nell'attività lavorativa, dovendo garantire l'erogazione di servizi essenziali, dalla scuola, alla sanità, alla pubblica amministrazione, tutti settori a forte vocazione femminile: durante quel lockdown ben il 74% delle donne ha continuato a lavorare mentre tra gli uomini la percentuale è stata piu' bassa (66%).

Dall'altro lato, con la chiusura delle scuole, il tema della conciliazione si è imposto in modo emergenziale, sia per le tante mamme che hanno dovuto garantire la presenza nel luogo di lavoro (si pensi alle lavoratrici in ambito sanitario o della pubblica amministrazione), sia per quante hanno potuto lavorare da casa, dove però i compiti di cura e di assistenza nei confronti dei figli impegnati con la didattica a distanza hanno reso la conciliazione un'impresa a dir poco impossibile.

Elevato livello di stress 

Lo stress che ne è derivato, nell'uno e nell'altro caso, per quasi 3 milioni di mamme lavoratrici con un figlio a carico con meno di 15 anni (30% delle occupate) è stato elevatissimo, tanto che molte di loro potrebbero essersi trovate nella condizione di interrompere o rallentare la propria attività. Nell'ultimo anno la tendenza ad allontanarsi dal lavoro, rinunciando anche alla ricerca di un'occupazione, è cresciuta sensibilmente, facendo registrare tra giugno 2019 e 2020 un incremento di 707 mila donne inattive (+8,5%). Il tasso di attività femminile, nello stesso arco di tempo, è diminuito di 3 punti percentuali, passando da 56,8 a 53 cosi' annullando, in pochi mesi, i progressi fatti nell'ultimo decennio in termini di innalzamento dei livelli di partecipazione femminile al lavoro.

Con la chiusura delle scuole inattività femminile significativa

Il blocco delle attività e la conseguente impossibilità di ricercare un lavoro hanno contribuito a scoraggiare l'offerta di lavoro. Ma le maggiori difficoltà di conciliazione, indotte da un provvedimento straordinario come la chiusura delle scuole, hanno giocato un ruolo altrettanto importante nello spostare verso l'inattività una quota così significativa di donne. La riduzione maggiore dei livelli di partecipazione si registra infatti nelle fasce giovanili, dove la quota di donne che ha compiti di accudimento verso i figli è piu' elevata. Il tasso di attività è passato infatti dal 62,1 al 54,8 tra le 25-29enni, dal 68,8 al 61,6 tra le 30-34enni e dal 71 al 66,8 tra le 35-39enni.

Tale tendenza appare particolarmente accentuata tra le donne che hanno titoli di studio più bassi, dove la propensione al lavoro risulta già di suo ridotto, e l'effetto scoraggiamento prodotto dalla crisi puo' aver impattato maggiormente; ma anche tra le laureate, che presentano livelli di attività di gran lunga superiori alla media, il rischio di fuga dal lavoro è alto, soprattutto tra le giovanissime segno di una volontà delle donne, soprattutto giovani, di contribuire in modo pieno alla vita economica e sociale, pur tra le mille difficoltà che questa incontra.

Siamo però purtroppo ancora il Paese dove si registra il più alto tasso di abbandono del lavoro per esigenze di cura famigliare (non lavora per tale motivo il 13,3% delle donne italiane contro l'8,2% della media europea) e dove, non è un caso, si registrano i livelli di natalità piu' bassi. Insomma, un Paese dove per le donne vale la formula "meno lavoro, meno figli". Il rischio di un repentino balzo indietro è elevato e per questo mettere oggi le donne al centro di un rinnovamento delle politiche del lavoro, in grado di supportare questa componente del mercato, rappresenta un'urgenza nazionale. Come emerso proprio durante il lockdown della scorsa primavera, costituiscono una componente fondamentale in tanti settori di interesse economico e sociale a partire dalla scuola e dalla sanità,  dove rappresentano rispettivamente il 75,5% e 69,8% della forza lavoro.

Donne sempre più competenti e qualificate

Apportano poi all'occupazione italiana un contributo sempre più rilevante in termini di qualificazione e competenza. Le donne sono infatti andate a ricoprire ruoli e funzioni sempre più elevate della piramide professionale. Se ogni 100 occupati, 42 sono donne, tra le professioni intellettuali la percentuale à arrivata al 54%. Peraltro, negli anni, tale tendenza è andata ad accentuarsi e tra gli under 40 la presenza femminile risulta in crescita proprio nelle posizioni apicali. Anche in termini di conoscenza e competenza cresce il contributo delle donne all'innalzamento della qualità del lavoro: su 100 occupati in possesso di laurea o titolo superiore, 55 sono donne; tra i giovani con meno di 35 anni la percentuale sale al 60%. 

Non ci credi fino a quando non ne sei dentro. Ci siamo divisi tra negazionisti e persone che invece credono negli effetti del Coronavirus . Quando però le testimonianze su ciò che sta accadendo arrivano da chi è in prima linea , pronto a sacrificare la propria vita per salvarne altre  c'è solamente da crederci. Il dott Andrea Campagna è uno di questi medici. Più di ogni altro commento pensiamo che basta leggere ciò che ha scritto in un post su fb che è apparso oggi per rendersi conto della realtà che stiamo vivendo.   "Non mi piace fare proclami però dopo 14h di turno devo dirlo che una situazione così drammatica in pronto soccorso non l'avevo mai vissuta, troppa gente, anche giovani e senza altre patologie con quadri polmonari gravi...incapaci di reggere 2 metri senza ossigeno...le bombole di ossigeno che quasi non bastano per tutti...troppa gente in giro come se nulla fosse...addirittura esistono i negazionisti che dall'alto di non so quali studi ritengono di avere diritto di parola...penso che il governo abbia tante colpe nel non aver saputo prevenire la seconda ondata ma anche il migliore dei sistemi sanitari soccomberebbe di fronte a questo virus così bastardo... quindi proteggiamoci perché la sola idea che siamo ancora a Novembre mi fa venire i brividi..."
 
GRAZIE ANDREA !!
 

A darne comunicazione ai propri concittadini il Sindaco di Centuripe Salvatore La Spina. 

Cari centuripini,
nonostante i nostri sforzi e le iniziative portate avanti per contenere il virus, la sua diffusione all'interno della nostra comunità non si è ancora arrestata.
Per questo motivo, ieri sera, l'Asp di Enna ha inoltrato alla Regione un documento per dichiarare Centuripe zona rossa.
È una decisione sofferta, una strada che mai avremmo voluto percorrere, abbiamo lottato tanto per evitarla, ma non è stato possibile.
Il provvedimento non è ancora arrivato, ma sarà mia premura aggiornarvi tempestivamente sulle modalità e la durata di attuazione non appena sarà emanato.
Vi invito inoltre ad attenervi solo ed esclusivamente alle notizie ufficiali rilasciate sui nostri canali.
Vi informo che oggi è anche ripartita la raccolta dei rifiuti speciali per i soggetti positivi e proseguirà nei prossimi giorni.
Sono certo comprendiate benissimo la situazione, è un momento particolare, ma rispettando le regole e rimanendo pazienti ne usciremo al più presto.

 

Poco meno di tredici milioni di mascherine confezionate in trecentomila buste, questi sono i numeri dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie che in queste ore il Dipartimento Regionale della Protezione Civile Sicilia sta veicolando in tutti i comuni della Sicilia. In aggiunta alle mascherine “di comunità” ci sono anche seicentocinquarantamila mascherine chirurgiche. La distribuzione è stata disposta dal Dirigente Generale del DRPC, ingegnere Salvo Cocina.
Le cosiddette “mascherine di comunità” sono provenienti da diverse forniture del Dipartimento Nazionale di Protezione Civile: il loro scopo è di contribuire a ridurre la circolazione dei virus e non sono soggette a particolari certificazioni. Considerando che le mascherine usa e getta hanno una vita d’utilizzo comunque limitata nel tempo, la fornitura di queste ore è quantomai utile per supplire eventuali mancanze sul territorio. Le mascherine di comunità, prodotte dalla Grafica Veneta, sono state testate con successo nelle scuole secondarie durante gli esami di Stato.

L'immunologa Antonella Viola è Professoressa Ordinaria di Patologia Generale presso il Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova e Direttrice Scientifica dell’Istituto di Ricerca Pediatrica (IRP-Città della Speranza). E' una di quelle persone che esprime senza giri di parole le cose andando dritto al contenuto. In un suo post su facebook esprime la ferma opposizione all'immunità di gregge. " Immunità di gregge?No. Qui serve un punto fermo: dire che usciremo da questa pandemia con l’immunità di gregge è una stupidaggine colossale. Già con le restrizioni e gli enormi sacrifici che stiamo facendo abbiamo gli ospedali al collasso. Figuriamoci senza fare nulla.. Il raggiungimento dell’immunità richiederebbe troppi malati, troppi ricoveri, troppi decessi. I paesi raggiungono l’immunita con le vaccinazioni, non lasciando libero il virus. Dire che bisogna proteggere gli anziani e le persone fragili, che quella parte della popolazione deve stare particolarmente attenta e limitare le occasioni di contagio non significa invocare la libera circolazione del virus per raggiungere l’immunita della collettività. Significa che vado io in banca al posto di mio padre, che faccio io la spesa al posto di mia madre, che vado a trovarli con la mascherina e non la togliamo mai. Significa che tutti seguiamo le regole ma che i più anziani necessitano di maggiore attenzione."

A comunicarlo il Vice Sindaco Concetta Giaggeri , la quale preso atto della nota dell'Asp , ha disposto la chiusura delle scuole di ogni ordine e gradoin tutto il territorio comunale fino a nuova comunicazione. " Come già di concerto con il dirigente scolastico - si legge nel messaggio - per non creare interruzione all'attività didattica, da giovedì 29 ottobre si procederà alla didattica a distanza" Infine il Vice Sindaco Giaggeri fa appello alla responsabilità e al buion senso di ognuno visto il delicato momento che tutta la comunità sta vivendo.

Giuseppe Conti scrive al  Fatto Quotidiano spiegando i motivi della scelta di chiudere alle 18. "  Abbiamo appena varato un Dpcm con misure più restrittive, ma necessarie. Quel Dpcm è nato da un lungo confronto tra tutte le forze di maggioranza, rappresentate dai rispettivi capi-delegazione. Queste misure non sono in discussione. Piuttosto vanno spiegate a una popolazione in sofferenza, che legittimamente chiede di capire i motivi delle scelte del governo. In queste ore molti ci chiedono: perché chiudete proprio i ristoranti, perché le palestre, i cinema e i teatri, che pure applicano rigorosamente i protocolli di sicurezza? A queste categorie – e ai cittadini tutti – va data una risposta razionale, perché razionali sono i criteri che ci hanno ispirato.

Non abbiamo deciso queste chiusure indiscriminatamente. Tutte le misure messe in campo rispondono alla necessità di tenere sotto controllo la curva dei contagi. Con lo smart working e il ricorso alla didattica a distanza nelle scuole secondarie di secondo grado, puntiamo a ridurre momenti di incontri e soprattutto l’afflusso nei mezzi di trasporto durante il giorno, perché sappiamo che è soprattutto lì che si creano affollamenti e quindi occasioni di contagio. Acquistare subito centinaia di nuovi mezzi pubblici è impossibile, per questo andava decongestionato il sistema del trasporto pubblico agendo su scuola e lavoro e altre occasioni di uscita come lo sono l’attività sportiva in palestre e piscine. Stessa cosa abbiamo fatto la sera: abbiamo ridotto tutte le occasioni di socialità che spingono le persone a uscire nelle ore serali e a spostarsi con i mezzi pubblici. Uscire la sera per andare al ristorante, cinema o teatro significa prendere mezzi pubblici o taxi, fermarsi prima o dopo in una piazza a bere qualcosa o a incontrarsi con amici abbassando la propria soglia di attenzione e creando assembramenti. Ecco perché abbiamo sospeso le attività di ristoranti, cinema e teatri. Così si è meno incentivati a uscire di casa.Non solo: diminuendo le occasioni di socialità, abbassiamo anche il numero di contatti che ognuno di noi può avere, rendendo così più facile fare i tracciamenti nel caso in cui una persona risulti positiva. Senza queste misure la curva è destinata a sfuggirci di mano.

Sono queste le motivazioni che ci hanno spinto ad adottare misure che sappiamo essere dure. Ora è il momento della responsabilità. La politica – e questo vale soprattutto per chi è al governo – deve saper dar conto delle proprie scelte ai cittadini, assumersi la responsabilità delle proprie azioni e non soffiare sul fuoco del malessere sociale per qualche percentuale di consenso nei sondaggi. Ora è il momento di mettere il Paese in sicurezza, evitando la diffusione del contagio e il rischio di non riuscire a garantire cure e ricoveri adeguati e di non riuscire a preservare il tessuto economico e produttivo.

Siamo tutti pienamente consapevoli delle ricadute economiche di queste misure, delle difficoltà a cui molti cittadini italiani vanno incontro, penso a chi lavora nel settore della ristorazione, del turismo, dello spettacolo, della cultura, delle palestre e di tutti i settori connessi. Ma proprio per questo oggi approviamo un decreto importante con ingenti risorse che ci permette di ristorare tutte queste persone, di dare loro in maniera rapida e diretta risorse per colmare le perdite dovute alle chiusure. Saranno soldi certi e rapidi."

* presidente del Consiglio

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