Quel 27 ottobre 1962 fu una morte misteriosa quella di Enrico Mattei, ancora oggi senza una spiegazione. Con lui morirono tutte le speranze del popolo Gaglianese, un paese ridotto al lumicino, i giovani sono scappati via, la gente anziana rimasta, non dimentica Enrico Mattei, che l’ha resa protagonista di un sogno durato poco, perché limitato appena ad una generazione. Oggi a ricordarlo ci ha pensato il Sindaco Zappulla, Mario Ridolfo della FASI, Leader dei siciliani in Lombardia, il pio Parroco Sac.Ruggiero, il presidente dell’Università Kore, Cataldo Salerno, Pietrangelo Buttafuoco e tanti altri. Nessuno si è risparmiato negli elogi a Enrico Mattei e ai Gaglianesi, perfino il parroco, disorientato dal fatto di vedere ogni giorno meno parrocchiani e paesani, indica Ulisse come modello, superando persino la sindrome di questo mito: “…e Ulisse passava i giorni seduto sugli scogli, consumandosi a forza di pianti, sospiri e pene, fissando con i suoi occhi il mare sterile, piangendo incessantemente…” contrapponendogli Enea che «Arde di andarsene via e di lasciare quelle amate regioni» e che, senza piangere, sacrificava ogni sentimento volteggiando verso la libertà. Aggiunge anche Marco Polo, il più grande viaggiatore e esploratore di tutti i tempi, che ovunque andava trovava qualcosa delle bellezze della sua amata Venezia, ed io aggiungerei con una pò di malizia, che se Marco Polo avesse viaggiato oggi, in qualsiasi posto avrebbe trovato un siciliano e avremmo potuto, così, parlare della globalizzazione della sicilianità. Torniamo ad Enrico Mattei e ai Gaglianesi e al modo come li scopre Pietrangelo Buttafuoco, scrittore e giornalista di chiara fama, il quale avendo vissuto la sua infanzia nel comune di Agira, posto su un monte, il paese di Diodoro Siculo,ubicato vicino Gagliano, racconta la sua visione vissuta dall’alto di questo paesello guardando le distese di alberi di mandorlo che abbondavano nelle vallate e che, con la loro fioritura, annunciano la primavera e, quando essi si spogliavano dei petali bianchi dei fiori, tutto sembrava un’immensa distesa di neve e, paradossalmente, anziché il freddo c’era il sole.con un tiepido calore di primavera. Ma oggi quei Mondorleti che portavano ricchezza non ci sono più, perché ? Si chiede Pietrangelo, perché un organismo potente europeo ha deciso che le mandorle in Sicilia non vanno prodotte e nel frattempo noi l’importiamo dall’estero, estirpando una ricchezza richiesta in tutto il mondo. Certamente, sostiene, che allo stesso modo di come una potenza europea estirpò le mandorle dalla Sicilia un’altra potenza mondiale decise di togliere di mezzo un uomo che tanto amava la propria terra, Enrico Mattei. E’ la catarsi in sala, la gente applaude e Pietrangelo Buttafuoco, commosso, aggiunge: noi speriamo che in politica si faccia vivo un altro Enrico Mattei e che i Gaglianesi piantino degli alberi di mandorlo per ricordare alle nuove generazioni che stà per arrivare una nuova primavera per Gagliano e per la Sicilia. E’ stato un bel giorno quello trascorso a Gagliano, non c’era la presenza di tanti paesani, perché emigrati, ma non mancava quella di coloro i quali sognano il giorno del riscatto dei gaglianesi…

Franco Santangelo

Nicosia, 17 agosto 2017 – L’Associazione Sportiva Dilettantistica ha ufficializzato Michele Intili come Direttore Sportivo del settore calcio. La società è certa della dedizione e della serietà con cui verrà affrontato l’incarico. Il neo Direttore Sportivo è al lavoro già da qualche giorno e sta costruendo la rosa che affronterà il campionato di Prima Categoria. Michele Intili torna ad avvicinarsi al calcio nicosiano dopo aver vestito i colori biancorossi da calciatore. Arriva a Nicosia nella stagione 1996-97 e rimane legato al sodalizio dell’USD Nicosia fino alla stagione 99-2000 militando in Promozione. Torna a vestire la maglia biancorossa nella stagione 2010-11, riportando la squadra in promozione dopo nove anni. Disputa l’ultima stagione a Nicosia nel 2011-12. Profondo conoscitore del calcio dilettantistico, contribuirà con la sua esperienza alla gestione dell’ASD Città di Nicosia. La rosa verrà costruita con la finalità di migliorare il piazzamento in classifica della scorsa stagione, puntando alla crescita dei calciatori più giovani con l’eventuale innesto di giocatori dell’hinterland che possano dare un grande apporto tecnico.

"Quando i Canadesi entrarono a Regalbuto, proprio dietro le truppe della Brigata Malta che aveva occupato il paese, videro una scena di distruzione molto più vasta di ogni altra vista in Sicilia prima. Il paese aveva ricevuto un’abbondante dose di cannonate e di bombardamenti aerei e, quasi, nessuna costruzione era rimasta intatta. Macerie bloccavano completamente la strada principale; un passaggio venne aperto quando il genio con bulldozers aprì, in una strada secondaria, un viottolo stretto che permetteva il passaggio di un solo veicolo. Per la prima volta non c’era la folla applaudente a darci il benvenuto, insieme alla usuale richiesta, a voce alta, di sigarette, cioccolate o biscotti. Il paese era deserto; la maggior parte degli abitanti era scappata nelle colline intorno o nei tunnel della ferrovia. E ora cominciavano a ritornare, sporchi, laceri e apparentemente affamati, cercando pietosamente miseri oggetti tra le macerie delle loro case distrutte." E' il commento finale scritto dal Ten.-Col. G. W. L. Nicholson, dell'esercito Canadese dopo la tre giorni di dura battaglia che hanno messo a dura prova la nostra città. Non è importante ricordare , ma proviamo a farlo. Cioè proviamo per un attimo di immaginare come è stato vissuto quell'agosto del 1943. Il 2 agosto i Canadesi entrarono a Regalbuto, trovarono una città completamente distrutta con le sue 134 vittime civili, numeri che dimostrano come la nostra comunità sia stata messa a dura prova, forse la più dura che si ricorda dagli annali di storia. Ancora più dura della strage avvenuta poco più di cento anni prima dopo la rivolta del 1948. In quell'estate del 1943 le famiglie si preparavano a festeggiare il patrono San Vito ed è immaginabile con quale stato d'animo : case e strade distrutte, famiglie in lutto , figli e padri soldati, fame , disperazione mista però alla gioia di ritrovarsi vivi e avere voglia di ricominciare. L'intera comunità si unì , forse per la prima volta o forse l'unica, mettendo ognuno a disposizione le proprie energie per ricostruire il paese per rinascere dalle macerie e dai lutti della guerra. Sarebbe interessante poter raccogliere i ricordi di allora, le storie della propria famiglia, gli aneddoti personali e soprattutto i sentimenti che accomunavano le famiglie. Mio padre fu colpito alla testa da una scheggia per lo scoppio di un mortaio in uno di quei giorni perchè si era recato a casa , in via Don Giuseppe Campione, perchè nella galleria dove era rifugiato a ripararsi con la sua famiglie erano finiti i viveri . Rimase vivo per miracolo ma forse altri non ce l'hanno fatta. Altri purtroppo morirono sotto i colpi delle mitragliatrici degli aerei degli alleati davanti ai rifugi, altri purtroppo lungo le strade. Vittime incolpevoli. " Ricordarli pubblicamente, ha significato andare oltre quella sofferenza collettiva e personale di chi l’ha vissuta, per rinnovare ancora oggi la consapevolezza di quanto sia costata la nostra pace attuale, pur con tutte le sue contraddizioni e limiti”.( cit Angelo Plumari ).

 IL 27 luglio, l’ordire delle operazioni della Divisione Hermann Göring  conteneva istruzioni dettagliate per mantenere Regalbuto che insieme a Centuripe formavano la linea più avanzata della difesa di Adrano, posizione chiave nella linea dell’Etna. Regalbuto era, per la Divisione (tedesca), l’estrema linea occidentale di difesa (che dalla costa si estendeva fino ad Acireale). Il Generale-Maggiore della G.O.C., Paul Conrath, considerava questo fianco, il fianco destro, il punto critico della sua linea di difesa. E aveva ragione, poiché l’avanzata verso est del Generale-Maggiore Simonds faceva di Regalbuto un ovvio obbiettivo delle forze canadesi; mentre l’ingiunzione con l’ala sinistra della 15a Divisione Granatieri Panzer non era affatto solida, mancavano ad ambo le formazioni forze necessarie per una sicura difesa. Pe rafforzare il fianco destro, Conrath ordinò al battaglione motorizzato della Hermann Göring di prendere in mano la difesa di Regalbuto e di ritenere o prendere sotto il suo comando uno squadrone di carrarmati e alcune unità di artiglieria. Il Battaglione motorizzato,1 che in precedenza faceva parte di un gruppo di battaglia della Divisione, era ora sotto il diretto comando di Conrath. Per la prima volta da quando si erano scontrati a Grammichele, i Canadesi avrebbero di nuovo affrontato il Battaglione Hermann Göerings. Un ordine, emanato dal Battaglione motorizzato il 27 luglio, sottolineava la necessità di mantenere la posizione di Regalbuto. 2 Con orgoglio, l’autore del documento ha ricordato al Battaglione che le azioni del nemico “non li hanno finora costretti a ritirasi ad una nuova linea di difesa.” Benché preparativi erano già stati fatti per la Divisione Hermann Göering di ritirarsi, al momento giusto, “alla posizione (‘bridgehead’) inizialmente dell’Etna.” La sola circostanza che potrebbe forzare tale ritirata sarebbe “il movimento della 15 Pz Gren Div”! Avendo dato istruzioni di rimuovere il trasporto nelle retrovie, l’ordine concludeva enfaticamente: In tutti gli ordini, concerneti la posizione della nuova testa di ponte, deve essere assolutamente chiaro che la presente posizione deve essere mantenuta a qualsiasi costo. Le istruzioni per la ritirata sono solo preparatorie. Non ci deve essere nessun dubbio su questo punto. L’abbandono delle posizioni attuali e una ritirata combattiva alla nuova testa di ponte sarà fatta solo dall’espresso ordine della divisione.3 Hitler stesso non poteva essere più determinato. É da ricordare che nell’ordine di catturare Agira, il Generale Simonds aveva assegnato alla 231a Brigata il compito di avanzare a est, verso Rigalbuto, e impadronirsi del ponte sul quale l’autostrada 121 attraversa il fiume Salso ad ovest di Adrano.4 Presto, il mattino del 29, la Brigata, dalla sua posizione, mandò avanti due battaglioni a est e a sud di Agira. Come i Canadesi, anche la truppa della Brigata Malta trovò che la campagna attraversata dall’autostrada 121 offriva tutti i vantaggi ai difensori. C’era la stessa successione di creste che attraversavano la strada ad angolo retto, posizione ideale per una forte azione della retroguardia tedesca. In questo terreno frastagliato e montagnoso, in gran parte coperto da fitti uliveti e mandorli, era quasi impossibile, ai plotoni di ricognizione, riconoscere o scoprire dove si trovasse il nemico e, frequentemente, un corpo avanzante della consistenza di una compagnia o più piccolo si trovava improvvisamente impegnato contro una difesa ben trincerata che dovrebbe essere affrontata da un battaglione e col supporto dell’artiglieria. Gli Hampshires incontrarono una situazione simile la notte del 29 luglio. Assieme ai Dorsets, avevano aperto la strada alla Brigata nell’avanzata verso est per circa nove k.m., cautamente sondando ogni rialzo del terreno, senza incontrare seria opposizione. Quando cadde la notte, ricevettero l’ordine di lanciare un attacco contro un lungo spartiacque che si allungava verso sud a circa un miglio da Regalbuto (vedi ‘Sketch’ 2). Diversamente dagli altri spartiacque nella zona, questo correva parallelo alla strada, dominandola per tutta la sua lunghezza. Su questa altura rocciosa, le truppe della Hermann Göring avevano piazzato le loro posizioni per prevenire o ritardare la caduta di Regalbuto. Gli Hampshires si resero dispiacevolmente conto di questo, quando una ricca scarica di nebelwerfer li raggiunsi mentre stavano per inquadrarsi in linea di marcia. Praticamente un plotone venne annientato. Malgrado questo inaspettato maleauspicio, il battaglione continuò coraggiosamente avanti, sotto il tiro incrociato delle mitraglie. Dall’aumento delle perdite, si resero conto della forza nemica e, pertanto, l’attacco venne sospeso.5 La luce del giorno rivelò la forte posizione nemica. Dalla vetta, 700 metri sul livello del mare, del monte Santa Lucia, il punto più alto del crinale montuoso di Regalbuto, i tedeschi dominavano completamente sia l’entra est che l’entrata sud del paese. Regalbuto si erge a più di 800 metri sopra il livello del mare, alla convergenza di tre imponenti promontori. A sud-ovest si estende per quasi due chilometri lo schienale di Regalbuto; un altro schienale meno ripido, chiamato monte Serione, si estende per quasi la stessa lunghezza verso la valle del Salso; e verso est, separato da Santa Lucia da una profonda scarpata che ammette la strada da Catenanuova, si impenna come un precipizio, all’estremità della grande barriera di creste fino a Centuripe, la torreggiante collina (“Tower Hill”). L’autostrada 121 mena a Regalbuto ma fino che il nemico mantenne le alture di Santa Lucia e di Serione, era impossibile entrare in paese. Il 30 luglio, il Generale Urquhart ordinò al II battaglione del Reggimento Devonshire di prendere il crinale verso sud. Quella notte, in un ben pianificato attacco fiancale, intrapreso con gran coraggio e maestria, il battaglione britannico attaccò e conquistò lo schienale di Regalbuto. Durante l’attacco, i Devons ebbero l’appoggio di 144 pezzi medi dell’artiglieria reggimentale da campo.6 Ma alla luce del giorno, gli Hermann Görings, rinforzati da truppe del III Reggimento Paracadutisti, si lanciarono in un contrattacco disperato. I Devons mantennero saldamente le loro posizioni e respinsero il nemico, ma subirono la perdita di otto ufficiali e 101 uomini.7 L’azione ricevette i complimenti di The Red Patch (Il rapporto rosso), un volantino giornaliero di una pagina che Il Comando della Divisione canadese aveva cominciato a pubblicare. Il giornaletto acclamò il combattimento della 231a Brigata lungo la cresta montuosa di Rigalbuto e il successo dei Devons nel respingere i paracadutisti tedeschi e gli Hermann Görings e concluse l’articolo con le seguenti parole: In Tunisia solo quaranta uomini della Divisione Hermann Göring contrattaccarono una posizione difesa da un battaglione con tanto ottimo risultato che il battaglione venne sradicato. È principalmente merito degli Devons che sconfissero con successo un così poderoso attacco. Ben fatto Devons.8 Essendo la Brigata Malta già in possesso del crinale di Rigalbuto, il logico passo successivo era attaccare l’autostrada; e, infatti, nel tardo pomeriggio del 31, i Dorset attaccarono lo sperone del monte Serione. Una compagnia catturò la non ancora completata stazione ferroviaria (i lavori vennero sospesi nel 1940), terminale di una linea ferroviaria che si arrampicava dalla vallata del Salso. Sul terreno sovrastante la stazione, un’altra compagnia combatté i tedeschi che si erano trincerati dietro i muri di un cimitero. Verso il pomeriggio, i Dorsets erano in possesso di tutto il lungo schienale Sirione fino alla periferia di Regalbuto; e, da qui, dominavano le due strade che dal paese menavano a nord e a nordovest. Prima che calasse la sera, essi ebbero il cambio dalle truppe del 48o Highlanders canadesi che, temporaneamente, erano sotto il comando della Brigata Malta.9 I preparativi per l’assalto al paese di Regalbuto stesso erano già pronti; alle 4:30 del pomeriggio, il Generale Simonds spiegò ai comandanti delle Brigate, le direttive generali dell’operazione. E spiegò loro che due delle tre alture che dominavano il paese erano ora nelle nostre mani; ma il tentativo dei Devons di occupare la “Collina Torre” – chiamata così per via di un osservatorio piazzato sulla parte più alta, in cima alla roccia—venne fermato dal fuoco incrociato di carri armati piazzati a sud, nella vallata. La 231a Brigata aveva il compito di portate pezzi anticarro per fare i conti coi carri armati; e quella notte stessa, intraprendere quella che sembrava fosse una “ricognizione di forza” contro quella posizione vitale. Il R.C.R. (della I Brigata) doveva essere pronto a sfruttare il successo o, se fosse necessario, lanciare un assalto con l’appoggio dell’artiglieria divisionale. Anticipando la cattura del paese, veniva ordinato alla II Brigata di mandare avanti pattuglie per esplorare il territorio montuoso del nord-est, tra il fiume Salso e il suo tributario Troina.10 Dall’area di concentrazione tra le colline a est di Agira, i R.C.R. fecero, la sera del 31 agosto, una marcia di avvicinamento di circa 18 chilometri. Abbandonando l’autostrada, presero un viottolo di campagna che li condusse a sud dello schienale montuoso di Rigalbuto, proprio tra le case periferiche del paese, che è costruito come un ferro di cavallo attorno al profondo precipizio. Dall’altra parte del burrone si ergeva, quasi verticalmente la collina, obiettivo dei Canadesi, che sembrava una torre dalle ripide pareti e la strada da Catenanuova le circondava la base. Il Ten.-Colonnello Powers, promosso Maggiore proprio il 30 luglio, apprese che le ricognizioni della Compagnia Dorset della Brigata Malta non erano riuscite a fare contatto col nemico e, per indurre il nemico a scoprire la sua posizione, fece aprire il fuoco. Siccome non c’era un obbiettivo specifico su cui dirigere il fuoco, il supporto dell’artiglieria venne cancellato, e alle 2 a.m. le truppe del R.C.R. [Royal Cnadian Regiment] terminarono il loro attacco. Lasciando una compagnia per coprire l’avanzata, le altre tre cominciarono la difficile discesa lungo le pareti cretose ovest che si sgretolavano sotto i loro piedi. L’ostacolo si rivelò eccezionalmente profondo. Solo una compagnia, quella che avanzava al centro, riuscì a completare la discesa e cominciare la scalata della scarpata est prima che, la luce del giorno dirigesse su di loro il fuoco delle mitraglie e dei carri armati del nemico nascosti nella parte sud e sud-est della periferia del paese. Il battaglione anticarro non era ancora arrivato e plotoni scaglionati ai fianchi con PIATs anticarro ebbero poco successo. Uno di questi plotoni, avendo penetrato dentro Regalbuto, nel tantativo di sorprendere i tedeschi, venne separato dalla sua compagnia dal fuoco nemico. E passò tutto il giorno per trovare nella parte occidentale del paese la via per raggiungere ed eventualmente riuscì a congiungersi al 48o Highlanders su monte Serione.11  All’alba del I agosto, le tre compagnie del R.C.R. cercarono riparo dove potettero, lungo i pendii scoscesi del lato ovest del burrone. Passarono, là, una giornata terribile, soggetti continuamente al fuoco di armi leggere, di mortai e cannoni del nemico, e soffrendo la fame e la sete, resa più intensa dal sole cocente e dalla puzza dei cadaveri, non sotterati, intorno a loro. Nel pomeriggio, il plotone anti-carro trascinò e mise in posizione uno dei sui pezzi di sei “pounds”, alla periferia sud-ovest del paese per mirare alle posizioni tedesche situate all’altro lato del burrone. Ma il nemico era allerta e mentre il pezzo era quasi pronto per sparare, un carro armato tedesco sbucò da dietro un palazzo e sparò tre colpi, uno dopo l’altro. Un proiettile colpì in pieno il pezzo anticarro, uccise uno degli operatori e ferì gli altri. Quando si fece notte, il quartiere generale della Brigata ordinava al Battaglione di ritirarsi coperto dal buio.12 Nello stesso tempo, la 48a Brigata Highlanders era rimasta in contatto con i difensori rilegati nell’angolo nord-ovest di Rebalbuto. L’azione da ambo le parti era limitata al cecchinaggio e allo scambio di raffiche di mitraglia, gli Highlanders subirono alcune perdite dal fuoco nemico. Le compagnie fucilieri, come quelle del Reggimento Reale canadese, erano sprovviste delle loro armi di supporto, perché non si era ancora riusciti a portarle attraverso i tre km o più, dall’autostrada 121, lungo il viottolo di campagna molto danneggiato dalle cannonate nemiche. Il 2 agosto, solo dopo aver consumato il rancio, la I Compagnia campale R.C.E. [Royal Canadian Engineers] riuscì (lavorando tutto il giorno precedente sotto il fuoco dei cannoni nemici poté costruire un viotto di emergenza dalla strada principale fino a Monte Serione), a fare avere agli Highlanders le armi di supporto e il tanto desiderato rancio.13 A causa dello stallo dopo gli sforzi della I Brigata, il comandante della Divisione emanò, quel pomeriggio 1 agosto, un ordine. Si considerava che il nemico, piazzato sulle alture a est di Rigalbuto, non si sarebbe ritirato “finché non avesse ricevuto ordine specifici dal suo alto comando: è ben trincerato, ha circa otto carri armati ed è, quindi, probabile che combatterà duramente per mantenere la su posizione.”14 Poiché un attacco frontale non avrebbe avuto esito positivo, ci riuscirebbe, probabilmente, un attacco a tenaglia. A questo proposito, Simonds decise di impiegare la I Brigata sul fianco destro, con lo scopo di attaccare, dal di dietro, lungo il lato est, la problematica Collina torreggiante (Tower Hill). Sulla sinistra, la II Brigata avrebbe dovuto seguire i suoi plotoni di ricognizione e occupare l’alto piano tra il Salso e il Troina. La Brigata Malta aveva il compito di provvedere una solida base per queste operazioni e, eventualmente, assistita dal 48o Highlanders, che era ancora sotto il comando del Generale Urquhar, assicurare il paese di Regalbuto stesso”. Cadde su gli Hastings e i Prince Edwards il compito di mettere in atto il piano della I Brigata. A circa un miglio da Regalbuto, la strada verso Catenanuova si inerpicava fino a una pianura, una sella tra due colline, il conico monte Tiglio ad ovest e il più massiccio monte San Giorgio ad est. La scalata del Tiglio era l’obbiettivo iniziale dei Canadesi; e il tratto di strada tra le due alture venne disegnato come la linea iniziale per l’attacco principale alla vetta più alta, San Giorgio, ad est della Collina torreggiante. Gli Hastings inziarono la scalata verso le 10:00 p.m. del 1 agosto, e per l’alba del giorno seguente avevano occupato monte Tiglio, trovandolo abbandonato dai nemici. Passarono delle ore prima che i preparativi per l’assalto finale fossero completati. Gli uomini erano contenti del riposo, poiché come spesso accadeva in Sicilia la marcia avveniva attraveso la campagna dove i veicoli non potendo transitare, e il rancio, l’acqua, le munizioni, gli apparecchi telegrafici, i mortai e tutti gli altri strumenti necessari venivano portati dagli uomni lungo una mulattiera che, secondo il Comandante della Brigata, la via “tra il salire e scendere,[era] il doppio della distanza percorsa”.16 Ma mentre la fanteria aspettava, gli uomini dei reparti addetti al trasporto delle armi di supporto non perdevano tempo. Era ancora buio, quando i pezzi di medio calibro del 7o Reggimento bombardavano l’autostrada a est di Regalbuto, e all’alba il I Reggimento da Campo creò una linea fumogena nella stessa area, bersaglio per i 25 Kittyhawks, da bombardare e mitragliare. La Divisione aveva preparato un piano di bombardamento per l’artiglieria prima che le tre compagnie canadesi dei regimenti da campo della I Brigata attaccasero.17 Quando l’assalto della fanteria si sviluppò, tutto il supporto aereo a disposizione venne concentrato contro il pesante traffico diretto verso est, lungo la strada tra Rebalbuto e Adrano. Problemi col mal funzionamento delle radio da campo e la difficoltà di comunicare con altri mezzi, dato il terreno estremamente accidentato, ritardò i preparativi per l’attacco finale. Ma prima dell’ora stabilita per l’attacco, ch’era stato rimandato per le 4 p.m. del 2 agosto, la notizia, che quella mattina un reparto della 48o Highlanders era penetrato in Regalbuto trovando il paese deserto, venne recepita. Conseguentemente, il bombardamento venne cancellato all’ultimo minuto, e al Maggiore Kennedy venne ordinato di dirigere gli Hastings e i Prince Edwards verso l’obbiettivo finale.18 Gli Hastings attraversarono la strada per Catenanuova, trovando che a Monte San Giorgio non c’erano nemici e, poi, virando verso nord attraversarono la vallata che li separava dalla vasta scarpata torreggiante circa 800 metri nel cielo. Benché avessero abandonato il paese, i tedeschi non volevano lasciare l’area di Regalbuto prima di un ultimo sforzo. E, infatti, una retroguardia di paracadutisti, consistente di circa due compagnie, manteneva ancora l’importante promontorio e da lì accolse le avanguardie degli Hastings e dei Prince Edwards con una selvaggia scarica di mitraglie e colpi di mortaio. I mortai pesanti di 3 inch, che i Canadesi avevano faticosamente trasportato lungo la campagna scabrosa, vennero rapidamente messi in opera con efficace successo. Una compagnia si arrampicò su monte San Giorgio e sotto la copertura del fuoco delle sue armi leggere, le altre tre compagnie continuarono l’assalto. Le comunicazioni radio, riscattatosi dal mal funzionamento, ora funzionavano bene, e il F.O.O. [Forward Observation Officer] del II Reggimento Campale poté comunicare accuratamente le posizioni del nemico. Con queste informazioni, la fanteria assaltò il crinale dove erano le postazioni nemiche costringendo i tedeschi alla fuga. Per le otto di sera, il battaglione era in possesso della postazione. E, così, era caduta l’ultima resistenza nemica sulla via per Adrano.19 La ritirata del nemico da Regalbuto diede agli aerei degli Alleati l’opportunità prevista dal Generale Simonds: nella giornata del 2 Agosto, le forze aeree hanno riportato di aver colpito quaranta autoveicoli soppresi sulla strada tra Regalbuto e Adrano, mentre otto bombardamenti leggeri vennero effettuati su Adrano stesso, provocando un incendio. Verso nord, l’autostrada parallela 120 offriva ugualmente buoni bersagli, poiché Troina era ora sotto attacco dalla divisione degli Stati Uniti, e nel fluire del traffico tedesco, scappando verso est, venne affermato che cinquanta veicoli furono distrutti a Cesaro.20 Quando i Canadesi entrarono a Regalbuto, proprio dietro le truppe della Brigata Malta che aveva occupato il paese, videro una scena di distruzione molto più vasta di ogni altra vista in Sicilia prima. Il paese aveva ricevuto un’abbondante dose di cannonate e di bombardamenti aerei e, quasi, nessuna costruzione era rimasta intatta. Macerie bloccavano completamente la strada principale; un passaggio venne aperto quando il genio con bulldozers aprì, in una strada secondaria, un viottolo stretto che permetteva il passaggio di un solo veicolo. Per la prima volta non c’era la folla applaudente a darci il benvenuto, insieme alla usuale richiesta, a voce alta, di sigarette, cioccolate o biscotti. Il paese era deserto; la maggior parte degli abitanti era scappata nelle colline intorno o nei tunnel della ferrovia. E ora cominciavano a ritornare, sporchi, laceri e apparentemente affamati, cercando pietosamente miseri oggetti tra le macerie delle loro case distrutte.2

Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Questa frase rimasta poi famosa nel patrimonio letterario siciliano è parte di una memorabile scena de film " Il Gattopardo" di Luchino Visconti. La citazione serve ad introdurre la notizia e cioè che L’assembla regionale siciliana con un blitz alla vigilia di Ferragosto cancella anni di discussione e di riforme delle province e approva, su iniziativa del gruppo di Forza Italia (in minoranza) l’elezione diretta per il presidente dei Liberi consorzi, per il sindaco metropolitano e per i consiglieri di questi enti, che altro non sono che i discendenti delle vecchie e mai rimpiante Province. Se la legge entrerà in vigore le elezioni si dovrebbero svolgere in primavera, quando si voterà per le amministrative. Ma non è l’unica novità destinata a far discutere. Nel provvedimento varato l’altra sera è prevista anche la reintroduzione delle indennità, che per il presidente saranno uguali a quelle del sindaco della città capoluogo. Per i consiglieri, invece, sono previsti dei rimborsi spese.La legge regionale segna un ritorno al passato.L’ennesimo coup de theatre di una riforma, che è nata e si è evoluta a furia di colpi di scena. Una legge regionale pasticciata, quella di Crocetta, nata in tv con l’intento di voler fare prima del resto d’Italia, più volte si è arenata ed è ripartita tra lotte politiche e agguati di palazzo, arrivando a creare alla fine i cosiddetti “liberi consorzi di comuni”, che più che una vera rivoluzione sembrano solo un’etichetta più complicata affibbiata alle vecchie province. Un ritorno al passato dunque e c'è chi ipotizza che si voterà nella primavera del 2018. 

Salvo Cardaci non smette di stupire. L'allenatore campione d'Italia ha di fatto accettato di collaborare, come coordinatore della scuola di pallamano, con la società sportiva MATTroina . Cardaci, già prossimo allenatore di Aetna Mascalucia , formazione neo promossa in A2 , darà "una mano" anche alla società della presidentessa  Maria Concetta Scannella e alla giovane società nata grazie all’entusiasmo e al lavoro di Francesco Andolina e di Natasa Miladinovic." Ho accettato con piacere l'incarico - ci dice Salvo Cardaci - perchè è una società sportiva giovane con persone veramente appassionate. Sono felice di poter  dare una mano a far crescere la nostra disciplina anche nel  comune di Troina. Sono già stato a Troina e ho visto con i miei occhi la passione e l’entusiasmo di questi giovanissimi che si sono innamorati della pallamano”. Un progetto sociale e sportivo veramente interessante e se, come sembra assai probabile, dal prossimo mese di settembre i troinesi avranno a disposizione un campo regolamentare al coperto, allora il reclutamento e l’avviamento allo sport diventerà ancora più agevole.“La consegna della nuova tensostruttura – conclude coach Cardaci – ci permetterà infatti di poter disputare le gare interne davanti al pubblico di casa e ai genitori-dirigenti che sono sempre a disposizione per dare una mano. Farò del mio meglio per il ruolo che mi è stato assegnato, ma le premesse per far bene ci sono veramente tutte" . “Avere avuto la disponibilità del prof. Cardaci, uno dei tecnici più quotati in circolazione, è veramente un onore per la nostra piccola associazione sportiva – dice Francesco Andolina, socio fondatore del club – dopo un anno di intensa attività sono arrivati i primi frutti con diversi nostri ragazzi che si sono distinti in diverse manifestazioni organizzate per promuovere la nostra disciplina. Ma con l’avvio della nuova stagione sportiva abbiamo pensato di strutturarci ancora meglio e di coinvolgere nel nostro progetto di avviamento il prof. Cardaci che, dopo le esperienze di massima serie a Messina, Palermo e Salerno (dove ha appena conquistato il titolo italiano ndr.) è rientrato da qualche mese nella sua cittadina d’origine (Regalbuto) e siamo riusciti a coinvolgerlo nella nostra programmazione”.A Troina sono circa una quarantina le giovani promesse tesserate di età compresa tra gli 8 fino ai 14 anni e grazie proprio al gemellaggio con la società catanese dell’Aetna Mascalucia che questi ragazzi e ragazze esordiranno nei campionati federali con la disputa dei concentramenti regionali under 15.

L’altro ieri l’on. Antonello Cracolici, Assessore regionale all’Agricoltura, ha emanato il Calendario Venatorio 2017/2018, anticipando incredibilmente l’apertura della caccia al 2 settembre. In una Sicilia devastata dagli incendi che ancora in questi giorni stanno devastando boschi, parchi, riserve ed estesissime aree rurali di particolare interesse per la fauna selvatica, con un caldo torrido ed una siccità impietosa che stanno decimando gli animali selvatici sopravvissuti, questo calendario venatorio rappresenta una incredibile e sciagurata dichiarazione di guerra contro la fauna. A livello nazionale il mondo ambientalista aveva già avanzato la richiesta di sospendere la stagione di caccia, proprio per questa situazione di vera e propria calamità ambientale e climatica!
Nei giorni scorsi, inoltre, WWF, LEGAMBIENTE, ITALIA NOSTRA, LIPU e MAN avevano inviato una diffida per chiedere che, quantomeno, il Calendario si uniformasse al parere dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), autorevole organo scientifico cui è attribuita la valutazione tecnica della sostenibilità delle modalità e dei tempi del prelievo venatorio su tutto il territorio nazionale.
Ed invece le scelte della Regione vanno nella direzione opposta: il parere ISPRA è stato largamente e gravemente disatteso proprio in materia di specie e periodi. Ad esempio, ISPRA aveva chiesto di diminuire l’elenco delle specie cacciabili e di aprire la caccia solo a ottobre. Invece sono state inserite ben 13 specie di uccelli – Canapiglia, Codone, Mestolone, Moriglione, Moretta, Starna, Quaglia, Pavoncella, Beccaccia, Beccaccino, Tortora, Allodola e Tordo sassello – che censimenti e studi scientifici internazionali indicano come minacciate, rare o in declino preoccupante e dunque necessitanti di tutela anziché di caccia smodata.
Prevista anche la “pre-apertura” sin dal 2 settembre, una deroga “eccezionale” per sparare anticipatamente (sic!) a Conigli (in fortissima diminuzione…), Colombacci, Tortore, Merli, Gazze e Ghiandaie. Una iattura per la fauna, poiché la caccia a settembre comporta un gravissimo impatto sulle popolazioni selvatiche: la tarda estate è un momento particolarmente delicato nel ciclo biologico di varie specie e molti giovani esemplari non sono ancora autonomi. Proprio questo insensato allargamento della stagione di caccia è stato fortemente criticato da ISPRA: “si ritiene che i tempi e le modalità indicate nella proposta di calendario venatorio… non sono condivisibili da parte di questo Istituto che, pertanto, esprime parere sfavorevole”.
WWF, LEGAMBIENTE, MAN, ITALIA NOSTRA e LIPU biasimano la scelta dell’Assessore Cracolici di emanare un calendario in aperto contrasto con le Direttive UE e con i principi scientifici per la conservazione della fauna, dimostrando di non voler neppure assicurare quel minimo di doverosa attenzione alle esigenze di tutela del patrimonio faunistico. Secondo le Associazioni, in Sicilia si continua a gestire la caccia non sulla base delle esigenze e criticità faunistiche ma sulla base delle richieste ed aspettative del mondo venatorio. Questo tipo di gestione venatoria si basa su una visione dell’interesse dell’intera collettività. E quella fauna sopravvissuta ai disastri ambientali di queste settimane, viene ora decimata con conseguenze irreversibili.


Comunicato stampa WWF – LEGAMBIENTE – LIPU 338.7677326

 

" Con i se e con i ma la storia non si fa", recita un vecchio proverbio. In poche parole è racchiusa la certezza che gli eventi sono determinati da ciò che è stato compiuto e non da ciò che sarebbe potuto succedere se fosse stata fatta una scelta piuttosto che un'altra. Nessuno però può impedirci di sognare o ipotizzare e di chiederci quale sarebbe stata la svolta economica e sociale di Regalbuto se fossero stati realizzati alcuni progetti rimasti incompiuti. In ogni caso sarà stato utile un piccolo ripasso della storia del nostro paese. Vorrei dedicare questa prima puntata alla cosiddetta " via delle arance" , dunque alla ferrovia che collegava Regalbuto a Motta Sant 'Anastasia. Ma c'è dell'altro ...... 

Di una linea ferroviaria che da Catania andasse sino a Leonforte, attraverso la valle del fiume Simeto si iniziò già a parlare nel 1875, quando il progetto di tale linea fu caldeggiato dalla Giunta Parlamentare incaricata di fare il punto sullo stato dei trasporti nell'isola. Il progetto ipotizzava che tale linea dovesse diramarsi dalla stazione di Motta S. Anastasia, risalire il fiume Simeto fin sotto Carcaci e da lì, seguendo il corso del fiume Salso, arrivare fino a Regalbuto, da dove sarebbe ridiscesa sino ad arrivare nella stazione di Dittaino, sulla linea Catania - Caltanisetta Xirbi. Un'altra ipotesi (mai realizzata) prevedeva invece che da Regalbuto la linea proseguisse verso Nicosia, da qui verso Mercatobianco e poi verso la stazione di Alcamo Diramazione. Un altro progetto, anche questo non realizzato, prevedeva invece che la linea si congiungesse alla Alcantara - Randazzo (completata nel 1953 ed attualmente chiusa), quasi a formare una seconda Circumetnea a scartamento ordinario. Tutti i vari progetti, per motivi vari, rimasero a lungo a languire dimenticati, finché negli anni '30, l'avvento del regime fascista in Italia, che aveva fatto delle ferrovie il proprio fiore all'occhiello, rispolverò i vecchi progetti dando il via ai lavori di realizzazione della Motta - Regalbuto. La nuova ferrovia era inquadrata in un'ottica di rilancio dell'agrumicoltura siciliana, che proprio nei territori che la nuova ferrovia doveva attraversare aveva una grande espansione e che proprio tramite la ferrovia avrebbero potuto inviare in maniera rapida ed economica i loro prodotti verso i mercati del continente. Il 18 Ottobre 1934 venne aperto al traffico il primo tratto, da Motta S. Anastasia a Schettino, mentre continuarono celermente i lavori per completare il tratto da Schettino a Regalbuto. La crisi economica del 1936 e i successivi eventi bellici rallentarono e poi fermarono definitivamente i lavori di costruzione della progettata linea

Al termine del secondo conflitto mondiale, completate le opere di riattivazione delle principali linee danneggiate, le Ferrovie dello Stato si trovarono a dover affrontare il triste capitolo delle linee ferroviarie iniziate durante il fascismo e mai completate. Molti progetti furono abbandonati, con il risultato di avere tanti "tronconi" improduttivi dal punto di vista dell'esercizio su cui in seguito si abbatté senza pietà la scure della politica di potatura dei c.d. "rami secchi". La linea Motta S. Anastasia - Regalbuto venne inclusa nelle linee da realizzare, ma si abbandonò qualunque ipotesi di congiungimento sia con l'Alcantara - Randazzo sia verso Nicosia od oltre: con questa decisione se ne decretò praticamente la morte. Il 4 febbraio 1952 venne aperta all'esercizio la tratta Schettino - Regalbuto, rendendo percorribile l'intera linea Motta S.Anastasia - Regalbuto. Inizia così una vita in sordina per una secondaria scarsamente trafficata, che già nel 1955 vedeva in orario 3 coppie di treni effettuati con le ALn 56 e 556.  Più vivace il traffico merci, sopratutto in occasione delle campagne agrumarie.. Privata di qualsiasi sbocco la Motta S. Anastasia - Regalbuto divenne una linea totalmente fine a se stessa. Dopo l'inaugurazione, per oltre un decennio la ferrovia, diramatesi dalla linea Catania - Caltanisetta Xirbi nella stazione di Motta S. Anastasia, trascorse un esistenza tranquilla ed abbastanza anonima, con le ALn 556 che lasciano il posto alle ALn 772 mentre i treni merci restano affidati alle locomotive a vapore dei Gr. 480 e 741. Negli ann'50, la costruzione della diga lungo il fiume Salso, che ha originato il lago artificiale di Pozzillo, la ferrovia vede un inteso utilizzo per il trasporto dei materiali necessari alla realizzazione della diga. Il 12 Febbraio1973 un movimento franoso,, dovuto all'instabilità dei terreni di natura argillosa, interrompe la linea poco oltre la stazione di Carcaci. Lo scarso traffico porta le FS a soprassedere  al ripristino della linea, che il 1° Marzo 1977 viene definitivamente attestata nella stazione di Carcaci. Scomparso intanto ogni residuo di trazione a vapore furono le locomotive diesel D 343 in questi anni ad assicurare il sempre più scarso traffico merci. Il traffico passeggeri è sempre più in calo,tanto che dalle due coppie di treni viaggiatori presenti alla riapertura si arriva, nel 1982, ad un'unica corsa mattutina, effettuata con una ALn 668.1500, utilizzata per lo più da personale FS o da cacciatori. Anche la manutenzione al leggero armamento iniziò a scarseggiare, tanto che la velocità massima venne ridotta da 80 Km/h a 45 Km/h , con sensibile aumento dei tempi di percorrenza. Nel corso degli anni la concorrenza del mezzo su gomma fece calare sempre più anche il traffico merci, che teneva in vita la ferrovia, il cui destino appariva ormai segnato. Il 18 settembre 1984 il traffico viaggiatori viene definitivamente soppresso. Il decreto Signorile che decretò la chiusura, a partire dal 1 Gennaio 1986 della linea, sopprimendone l'esercizio con Dirigenza Unica e declassando la linea a raccordo, non fece altro che concludere l'agonia di una linea la cui utilità ormai era prossima allo zero.

Il sette agosto scorso , in una gremita sala consiliare,nell'ambito del programma dell'estate regalbutese, è stato presentato il libro dell'autrice Tina Di Gregorio  “Il guardiano dell’anima” , relatore lo scrittore Franco Santangelo .Oltre al folto pubblico , nonostante il pomeriggio afoso, erano presenti gli assessori Vito Stissi e Cettina Polizzi , i presenti hanno ascoltato con interesse la relazione di Franco Santangelo che, nei vari passaggi sulle persecuzioni cristiane, ha messo in evidenza la crudeltà dei pagani e la svista degli imperatori romani a non avere valutato con attenzione il contributo dei cristiani, il solo a potere salvare l’impero, ha messo in rilievo la bravura dell’autrice nell’avere tramutato la delusione della società moderna in speranza, specie quando essa è rivolta alla salvaguardia dell’anima e nell’avere ricostruito la storia antica e la leggenda di San Vito, nonostante per la prima vi siano documenti storici mentre per la seconda vi è solo una montagna di racconti agiografici e iconografici che rendono di difficile lettura la storia del santo.L’autrice ha impostato un dialogo fra studenti prima e patrizi romani dopo su tre atti e quattordici scene, fino a spingere il lettore ad immaginare uno scenario teatrale e  a percepire gli avvenimenti dell’impero romano come avvertimento per una serie di analogie con il sistema di oggi, specie per quanto riguarda la corruzione, l’aumento delle tasse, il cambiamento dell’etica pubblica. e la diminuzione delle nascite. Questi lavori sono stati dedicati al duecentesimo anniversario della fondazione della diocesi di Nicosia, alla celebrazione del Giubileo per la città di Regalbuto , al vescovo Mons. Salvatore Muratore e al Parroco Sac. Alessandro Magno.

Esodo di massa degli ormai ex Giovani Democratici che in rotta con la linea del Pd hanno deciso di abbandonare quella che per anni è stata la loro casa. Troppi litigi e nessuno spazio per la politica ragionata e discussa con e per i cittadini. La loro scelta, sancita alla presenza dell’on. Angelo Capodicasa e Maria Giovanna Puglisi entrambi di Art. 1, fa notizia anche per i numeri, circa duecento giovani da tutta la provincia. «Avevamo già detto d’essere attenti al loro disagio che non è solo ad Enna e – dice Capodicasa – testimonia che la virata del Pd provoca sempre più reazioni. La scelta di questi giovani, da non sottovalutare, è di valore ed è interessante l’evoluzione che può prendere». Per Puglisi è una rottura «sia personale che politica, insieme possiamo ricostruire quella sinistra che ci hanno tolto».
«E’ un passaggio storico per questa generazione» ha detto l’ex segretario provinciale dei GD Adriano Licata che ha subito chiarito che il loro non è un ruolo di “testa da ariete” «per chissà quale azione, ma siamo dei giovani che credono nella politica e che oggi vedono morire il Pd. Se qualcuno vorrà tenerne conto bene, altrimenti continuino su questa strada», non ha digerito l’indifferenza del commissario Carbone, «l’abbandono del Pd nazionale verso il partito locale e l’atteggiamento sprezzante per i non allineati». Sulla stessa scia Lillo Colaleo ex componente della direzione nazionale: «E’ una scelta di coscienza, siamo stanchi delle continue beghe interne. Noi abbiamo l’ambizione di parlare dei grandi temi per il territorio, continuare a fare politica, rimanere nel centrosinistra e Art. 1 è l’interlocutore privilegiato» per una futura adesione.
Per l’ex componente della direzione regionale, Giuseppe La Porta, «basta più perdere tempo in lotte di partito». Ad associarsi alla virata anche Marco Greco (Federazione degli studenti) «perchè il Pd non rispecchia più il nostro interesse neanche dal punto di vista della scuola».

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